Vatileaks 2, Papa “amareggiato”. Chaouqui: “Non sono un corvo”

di Redazione

Un nuovo scandalo scuote il Vaticano. Monsignor Vallejo Balda e l’ex collaboratrice laica Francesca Chaouqui, rischiano fino a 8 anni di carcere. Sono stati arrestati dalla Gendarmeria per la fuga di notizie riservate e finite in due libri di imminente uscita.  Papa Francesco è rimasto “molto amareggiato” dalla vicenda, secondo quanto riferisce l’Ansa. Chi ha potuto parlargli in questi giorni ha sentito un Francesco “sconfortato e dispiaciuto”.

“Non sono un corvo, non ho tradito il Papa. Non ho mai dato fogli a nessuno. Mai a nessuno”. Con un post su Facebook, Francesca Immacolata Chaouqui, rilasciata dopo l’arresto, ribadisce la sua innocenza, sottolineando che la verità “emergerà presto”.

Un monsignore in cella. Una ex collaboratrice laica del Vaticano anch’essa arrestata e in breve rilasciata perché ha subito collaborato con le indagini. Sono questi, finora, i contorni della nuova bufera giudiziaria scoppiata Oltretevere per la rinnovata azione dei “corvi”, la fuga di notizie e carte segrete finite in inchieste giornalistiche e ora in due libri di imminente uscita. Un nuovo, bruciante caso ‘Vatileaks’ a distanza di tre anni e mezzo da quello che portò in cella l’ex maggiordomo papale Paolo Gabriele per i documenti trafugati nella segreteria di Benedetto XVI.

Dopo quasi sei mesi di indagini della Gendarmeria vaticana sulla sottrazione e divulgazione di carte riservate – l’inchiesta è partita a maggio – i clamorosi sviluppi si sono concretizzati tra sabato e domenica. Due le persone convocate dalle autorità vaticane per essere interrogate: un ecclesiastico, monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, spagnolo, 54 anni, dell’Opus Dei, già segretario della Prefettura degli Affari economici della Santa Sede, e una laica, Francesca Immacolata Chaouqui, 33 anni, calabrese di padre franco-marocchino, la ‘pierre’ entrata a far parte di quella Commissione referente sulle strutture economico-amministrative della Santa Sede (Cosea), di cui Vallejo Balda era segretario, istituita dal Papa nel luglio 2013 e sciolta a compimento del mandato. Entrambi, nel corso del fine settimana, sono stati trattenuti in stato d’arresto. Papa Francesco è stato tempestivamente informato dei provvedimenti e ha dato la sua approvazione.

Oggi, quindi, il promotore di giustizia Gian Piero Milano e l’aggiunto Roberto Zanotti hanno convalidato i due arresti, rimettendo in libertà l’indagata Chaouqui, la cui immediata e piena collaborazione ha fatto venire meno le esigenze cautelari. Resta in cella, la stessa nel Palazzo della Gendarmeria dove per cinque mesi fu rinchiuso Paolo Gabriele, mons. Vallejo Balda, la cui posizione è al vaglio del magistrato inquirente.

La donna, si è appreso, ha dato grande collaborazione per definire i contorni delle responsabilità e per contestualizzarle fornendo anche i relativi riscontri. Chaouqui “ha fornito agli organi procedenti massima collaborazione e ha depositato documenti a supporto delle dichiarazioni rese”, ha confermato l’avvocato difensore Giulia Bongiorno, aggiungendo che “essendo venute meno le esigenze cautelari è già rientrata a casa ed è certa di chiarire in tempi rapidissimi la propria posizione”. Secondo quanto si è appreso la donna di fronte alle autorità vaticane ha respinto tutti gli addebiti che le vengono mossi e la sua collaborazione, lungi dall’essere un’ammissione di responsabilità, è finalizzata all’accertamento della verità.

In Vaticano, comunque, le prove a carico sono giudicate “molto forti e concrete”, ma diverse tra i due indagati. Non si sa ancora se per Vallejo Balda partirà anche un procedimento canonico. Dopo l’arresto del sacerdote, la prelatura dell’Opus Dei ha manifestato “sorpresa e dolore”, sottolineando di non disporre “di alcuna informazione sul caso”. “Se l’accusa si dimostrasse confermata, sarebbe particolarmente doloroso per il danno arrecato alla Chiesa”, ha aggiunto.

Pur non essendo nessuno dei due indagati cittadino vaticano, a procedere autonomamente sono state le autorità d’Oltretevere dal momento che il presunto reato sarebbe stato commesso nella città-Stato. La divulgazione di notizie e documenti riservati è un reato previsto dalla legge n. IX del Vaticano, del luglio 2013, che ha introdotto l’art. 116 bis nel Codice penale d’Oltretevere, punendolo con la reclusione fino a otto anni.

Gli accertamenti della Gendarmeria avevano preso le mosse dalla pubblicazione di documenti riferibili alla Cosea già in inchieste sull’Espresso del giornalista Emiliano Fittipaldi, poi ulteriormente incentivati e anche accelerati dalla pubblicazione a giorni, entrambi il 5 novembre, del volume dello stesso Fittipaldi “Avarizia” (Feltrinelli) e di “Via Crucis” di Gianluigi Nuzzi (Chiarelettere), quest’ultimo già autore di quel “Sua Santità” con le carte fornite da Gabriele nella Vatileaks numero uno.

A tale proposito, la Santa Sede rileva chiaramente che i libri annunciati, “anche questa volta, come già in passato, sono frutto di un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa e, per quanto riguarda gli autori, di una operazione per trarre vantaggio da un atto gravemente illecito di consegna di documentazione riservata”.

Prossimi passi dell’azione vaticana, che sulla vicenda intende mantenere una linea di evidente fermezza, potrebbero riguardare quindi proprio l’uscita dei due volumi e i rispettivi autori, cui viene attribuita una “operazione i cui risvolti giuridici ed eventualmente penali sono oggetto di riflessione da parte dell’Ufficio del Promotore in vista di ulteriori provvedimenti, ricorrendo, se del caso, alla cooperazione internazionale”.

“Pubblicazioni di questo genere – viene rimarcato – non concorrono in alcun modo a stabilire chiarezza e verità, ma piuttosto a generare confusione e interpretazioni parziali e tendenziose. Bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa”.

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