Bari – Era terrorizzato dall’idea di finire in carcere. Per questo, grazie alla presunta complicità di un dipendente pubblico e forse anche di un medico, si era fatto riconoscere malato di Alzheimer: una patologia che gli ha fruttato negli anni anche 26mila euro di indennità di accompagnamento e la possibilità di continuare a restare agli arresti domiciliari nella sua masseria e di continuare a gestire da casa i traffici di droga.
C’è anche questo particolare nell’operazione della polizia di Stato di Bari che ha portato a 31 arresti e a cinque obblighi di firma. Gli indagati sono complessivamente 43. Gli arresti nascono da quattro distinte operazioni che sono in qualche modo collegate da atti estorsivi e dallo spaccio della droga e che ruotano attorno alla figura di Cosimo Zonno, personaggio di spicco della criminalità locale con base a Toritto (Bari), che è finito in carcere.
Secondo la polizia, l’uomo svolgeva una vita normale e andava anche a cavallo, come risulta dai filmati degli investigatori, comportamento quest’ultimo in contrasto con la sua presunta malattia di demenza senile. Proprio nella masseria di Zonno avvenivano – secondo l’accusa – la lavorazione della droga e i contatti con gli acquirenti interessati all’acquisto di intere partite di sostanze stupefacenti.
Dalle indagini emergono anche collegamenti fra Zonno e il gruppo Palermiti e due albanesi per l’acquisto della droga e l’arrivo di cocaina in Italia, dalla Colombia, nascosta in ovuli ingeriti da uno dei corrieri della droga. Sostanza stupefacente che gli uomini di Zonno nascondevano poco distante dalla masseria, quartiere generale dell’uomo, in muretti a secco o casolari abbandonati. La polizia ha prelevato di notte la droga applicando una particolare normativa che consente il sequestro degli stupefacenti in tempi diversi dall’arresto dei presunti responsabili del traffico.
Gli arresti sono 21 in carcere, dieci ai domiciliari (tra i quali la figlia di Zonno, Lionela, che avrebbe gestire i proventi dello spaccio di droga), a cui si è giunti da un’attività estorsiva nel rione Poggiofranco di Bari. Il gruppo dei Lippolis, Pietro e Vincenzo, padre e figlio, incendiò una pizzeria e fu per questo sottoposto a indagini. I poliziotti scoprirono che i due chiesero a un imprenditore edile di Triggiano di pagare il pizzo a seconda della cubatura dello scavo dell’opera da realizzare.
Oltre alle richieste estorsive, nell’indagine spunta poi l’interesse per la droga che consente alla polizia di accostare i Lippolis e un altro gruppo criminale, quello di Raffaele e Francesco Anemolo (padre e figlio) a Zonno per l’approvvigionamento della droga. Quindi, l’indagine si concentra su Cosimo e anche su un giro di prostituzione gestito da romeni fra Bitonto, Corato e Ruvo.