L’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, ha aperto la Porta Santa della cattedrale partenopea dando così il via al Giubileo della Misericordia. La Porta è stata aperta alle 17.30 davanti a una piazza gremita da migliaia di persone. Prima della celebrazione in Duomo, si è svolta una processione partita dalla chiesa dei Santi Apostoli.
Giunti davanti alla Cattedrale, Sepe ha letto il salmo 118i: “Aprite le porte della giustizia, entrate a rendere grazie al Signore” e dopo aver alzato i libri del Vangelo, è entrato in Cattedrale. Dopo di lui, in processione, hanno fatto il loro ingresso il cardinale di Abuja in Nigeria John Onaiyekan, l’Arcivescovo emerito di Campobasso monsignore Armando Dini, i vescovi ausiliari di Napoli monsignor Lucio Lemmo, monsignor Gennaro Acampa e mondignore Salvatore Angerami. A seguire, sacerdoti, diaconi, religiose, autorità e le migliaia di fedeli che hanno risposto alla chiamata della Chiesa di Napoli. “Aprire la porta del Giubileo – ha detto il cardinale Sepe – è un atto solenne, significativo. Sappiamo bene che la Porta è Gesù”.
Un gesto, quello dell’apertura della Porta Santa, che – ha sottolineato Sepe – “è un segno che può restare privo di risvolti effettivi perché la vera porta da aprire è quella del nostro cuore, della nostra mentalità”. Tante ‘le porte’ citate nell’omelia dal cardinale: quella della casa, delle scuole, delle fabbriche, delle palestre, degli ospedali e del carcere.
Non solo. Dall’Arcivescovo di Napoli anche un monito “alle tante porte delle nostre comunità religiose quando si chiudono nel proprio guscio”, a quelle delle “nostre istituzioni eccessivamente burocratizzate e poco attente ai bisogni della collettività” e contro le porte “del nostro cuore poco disponibile all’altro, allo straniero”.
In questo anno giubilare, ha proseguito Sepe “apriamo la Porta della Cattedrale perché tutti possano entrare e trovare accoglienza. La Porta della Misericordia – ha concluso – resterà aperta in entrambi i versi: per accogliere chi è pentito e per andare incontro a chi è smarrito”.
Al termine della celebrazione liturgica, il cardinale è uscito sul sagrato del Duomo e ha versato l’acqua contenuta in un’anfora. “Ecco – ha detto – l’acqua segno della misericordia del Padre. A quanti giungerà quest’acqua porterà salvezza perdono e gioia”.
“La nostra gente è provata, smarrita, ferita e attende che qualcuno versi sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”. “La nostra città – ha aggiunto Sepe – è in balia di logiche malavitose e in affannosa ricerca del suo riscatto e, ancora una volta, ci chiediamo cosa dobbiamo fare”.
Una città, Napoli, “che ha bisogno di comprensione, indulgenza e chiede di essere avvolta nella misericordia”. Sepe ha ricordato che la comunità cristiana napoletana è impegnata “soprattutto nel formare le coscienze, nel destare in ogni fedele un vivo senso di responsabilità non solo – ha sottolineato – per un singolo bisogno, ma per le sorti della nostra convivenza civile, per il riscatto della nostra città”. “Il Giubileo – ha concluso il cardinale – è una nuova opportunità di crescita per la nostra comunità religiosa e per la società civile. Ci sollecita a ricercare insieme il bene comune”.