Parabita (Lecce) – I carabinieri del Ros di Lecce hanno sgominato il clan Giannelli di Parabita, tornato operativo grazie al figlio del boss storico Luigi, Marco Antonio, e infiltrato nell’amministrazione pubblica tramite il vicesindaco Giuseppe Provenzano. Anche il suo nome compare fra quelli dei destinatari delle 22 ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip Alcide Maritati su richiesta del procuratore aggiunto antimafia Antonio De Donno.
Su Provenzano il sodalizio criminale avrebbe convogliato tutti i suoi voti e in cambio avrebbe ricevuto sostegno economico e aiuto nel dirottare gare pubbliche verso aziende amiche. Per questo motivo il politico è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, così come l’imprenditore Pasquale Aluisi, titolare di un’agenzia di onoranze funebri, che avrebbe versato periodiche mazzette per ottenere appalti in regime di monopolio.
Per favorire Aluisi – hanno accertato i militari guidati dal maggiore Gabriele Ventura – gli uomini di Giannelli avrebbero effettuato una serie di atti intimidatori e danneggiamenti ai danni di ditte concorrenti. Mentre programmate ma non realizzate sarebbero le intimidazioni al parroco di Parabita, don Angelo Corvo, colpevole di aver chiesto sui media giustizia per la piccola Angelica Pirtoli e per la mamma Paola Rizzello assassinate nel 1991. Nonché le minacce ai parenti di Massimo Donadei, un uomo che era stato organico alla Scu, la Sacra corona unita, e poi aveva scelto di collaborare con la giustizia, aiutando gli investigatori a far luce sugli affari del clan.
L’attività più lucrosa per il clan era rimasta il traffico di droga, solida base economica per allargare poi l’operatività in altri settori economici. Altro ambito privilegiato d’azione le estorsioni, delle quali si occupava il boss in persona. Accanto al gruppo principale i carabinieri hanno verificato che esistevano altre due articolazioni territoriali: quella di Matino guidata da Vincenzo Costa e quella di Collepasso diretta da Cosimo Paglialonga, anch’essi arrestati.