La “Buona Scuola” al Fermi, intervista alla preside Adriana Mincione

di Gabriella Ronza

Aversa – Le feste natalizie si sono concluse e un nuovo anno riparte anche al liceo scientifico “Enrico Fermi”. Abbiamo incontrato la preside della scuola, Adriana Mincione, proprio in prossimità del Natale, che ha esposto le sue considerazioni sulla prima parte dell’anno, sicuramente svoltosi diversamente dai precedenti a causa dell’approvazione della legge 107. Con un sorriso sulle labbra e uno sguardo determinato la Mincione ha risposto a tutte le curiosità sui cambiamenti subiti dalla scuola.

La stiamo intervistando in tempo di festa, quali eventi si sono organizzati per questo Natale? Mi concentro su quello che ritengo tra i più importanti: la partita del cuore che si fa ogni anno per beneficenza. Quest’anno si è svolta a Caivano in memoria della morte di un figlio di un nostro docente con l’idea di far gareggiare la nostra scuola contro quella del ragazzo. Il ricavato è stato dato all’ospedale Pausilipon di Napoli per l’acquisto di un macchinario per le chemio. L’anno scorso abbiamo collaborato con Telethon.

Parlando di eventi extrascolastici, quanto sono importanti queste attività per la formazione dell’alunno? Penso che dovremmo finire di pensare all’extrascolastico. La cultura è unica, un progetto complessivo. L’obiettivo è creare l’uomo, il cittadino del domani. Di recente, c’è stata un’assemblea di istituto durante la quale i ragazzi hanno discusso di politica internazionale, argomenti che possono aiutare all’arricchimento della cultura generale dell’individuo.

Collegandoci a questo, ossia al concetto di scuola moderna e del rapporto alunno-scuola, con la normativa 107 quanto è cambiata la scuola? Ora c’è solo disorientamento. La 107 è il completamento dell’autonomia scolastica, un’evoluzione che ha avuto inizio già dal ’99 con la DPR 175. Io non vedo qualcosa di stravolgente nella legge 107, questa non riguarda gli ordinamenti ma le organizzazioni.

E, quindi, come si sta organizzando il Fermi a tal riguardo? La novità grossa è l’alternanza scuola – lavoro anche nei licei. Prima non era obbligatoria, era un’offerta che noi davamo in più. Ti rimando la domanda, qual è la critica che ci muove l’Europa o Confindustria? Che le nostre scuole sono tutte improntate sul teorico, quindi l’alternanza scuola – lavora serve per portare fuori le aule gli alunni e guidarli dal teorico al pratico.

È una scuola più vicina allo studente o più disumanizzata? No, non è una scuola disumanizzata, perché dà maggiori opportunità agli studenti che avranno più cose da inserire nella loro cassettina degli attrezzi, la stessa che porteranno sempre con sé all’università e nel mondo del lavoro. Stiamo applicando una metodologia di organico potenziato: una curvatura del curriculum deliberata nel mese di giugno già prima della 107. Dal terzo anno ogni alunno può scegliere la propria curvatura curriculare, ossia, 55 ore annue in più da spendere in attività riguardanti scienze della vita, scienze giuridiche ed economiche o scienze ingegneristiche e architettoniche. Così riusciamo a coprire la maggior parte delle università che i nostri ragazzi scelgono.

Il corpo docente come ha preso questi cambiamenti? In realtà verso una cosa simile noi stiamo lavorando già da cinque anni, non si tratta di un discorso di riforma, ma di come porre gli argomenti ai ragazzi. La rivoluzione deve essere fatta sulle metodologie di studio, la lezione frontale non va più, i docenti hanno capito che i ragazzi sono cambiati: la scuola deve adeguarsi al nuovo mondo. I ragazzi non hanno più bisogno di contenuti, i contenuti li vanno a cercare con i nuovi mezzi, anzi ce ne sono fin troppi, quello che bisogna sviluppare è lo spirito critico. 

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