Roma – E’ stato approvato in terza lettura al Senato il disegno di legge Boschi relativo alle riforme costituzionali con 180 si, 112 i no e un astenuto.
Il testo che prevede un Senato composto da 100 senatori eletti dai Consigli regionali, l’abolizione della legislazione concorrente tra Stato e Regioni, il ritorno di competenze strategiche allo Stato centrale, l’aumento delle firme necessarie per chiedere un referendum e per avanzare una proposta di legge d’iniziativa popolare; passa ora alla Camera e tra tre mesi potrebbe essere approvato in via definitiva.
Necessari i 17 voti dei verdiniani, dei due forzisti Villari e Bocca, e delle tre senatrici di Fare, vicine a Flavio Tosi. I renziani si giustificano: “Mancavano cinque esponenti della maggioranza che avrebbero votato con noi”.
Al termine della discussione sul ddl, Renzi ha preso la parola. “In Europa i riferimenti all’Italia erano fatti accomunandola alla Grecia – ha ricordato il premier – Abbiamo accettato la sfida nel momento più difficile. E in aula al Senato esordii con una provocazione: voglio essere l’ultimo presidente del Consiglio che chiede la fiducia a quest’Aula. Ma se l’Aula confermerà il voto già espresso in prima lettura nell’agosto 2014, quella provocazione diventerà realtà”.
Ha poi ricordato le parole dette il 24 febbraio 2014 quando chiese la fiducia per il suo governo al Senato: “Comunico fin dall’inizio che vorrei essere l’ultimo presidente del Consiglio a chiedere la fiducia a quest’Aula. Noi oggi non immaginiamo di essere gli ultimi a chiedervi la fiducia perché abbiamo un pregiudizio su di voi, ma perché abbiamo un giudizio organico sull’Italia per il quale o si ha il coraggio di operare delle scelte radicali e decisive, oppure non perderemo soltanto la relazione tra di noi, ma anche il rapporto con chi da casa continua a pensare che la politica sia una cosa seria”.
“Siamo arrivati al giorno in cui nessuno credeva che saremmo arrivati – ha proseguito – L’idea che dei legislatori non potessero intervenire sul proprio ramo del Parlamento. Generazioni di parlamentari hanno immaginato che si potesse superare il bicameralismo paritario. Dobbiamo riconoscere che il bicameralismo perfetto era il compromesso di allora, non era la prima scelta di nessuno. Questo è il giorno in cui nessuno credeva che saremmo arrivati e ci siamo arrivati perché avete avuto coraggio e fiducia voi”.
“Questa è una giornata storica – ha sottolineato Renzi – La storia si occuperà di questa giornata, voi avete deciso di scrivere la storia. Il Paese vi deve una gratitudine istituzionale”.
Ma Renzi ha voluto ricordare anche il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano: “Se non ci fosse stato il suo discorso nell’aprile 2013 non ci sarebbe questa riforma e non sarebbe in piedi questa legislatura. Noi non tocchiamo il sistema di pesi e contrappesi previsto dalla Carta Costituzionale. La riforma non incide sul ruolo del presidente della Repubblica e degli organismi di contrappeso come sono stati definiti dai costituenti del 1947”.
“Il punto chiave di questa discussione non è la personalizzazione esasperata né di trasformare un referendum in un plebiscito – ha concluso Renzi – Il potere che noi esercitiamo, e da cui non ci nascondiamo, ha un senso se viene messo in campo per cambiare l’Italia. Per questo prendo l’impegno: in caso di sconfitta ne trarremo le conseguenze. Ma per questo stesso motivo sarà ancora più bello vedere il giorno dopo la vittoria del referendum le stesse facce gaudenti che osservo adesso in questa Aula”.