Trento – A conclusione dell’operazione “Brown Apple”, la Guardia di Finanza di Trento, con l’ausilio di 17 unità cinofile antidroga e 150 militari, ha dato esecuzione a 22 arresti in 16 città del Trentino Alto Adige, Veneto, Lombardia e Piemonte, disarticolando una complessa organizzazione articolata su tre gruppi criminali e dedita al traffico ed allo spaccio internazionale di sostanze stupefacenti.
Un anno di indagini, coordinate dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, ha consentito al Gruppo Operativo Antidroga (Goa) di Trento di denunciare 60 persone, prevalentemente nordafricane, arrestarne 14 in flagranza di reato ed, all’esito, dare esecuzione a 22 ordinanze di custodia cautelare in carcere, sequestrando complessivamente 52 kg di hashish, 6 etti di eroina e cocaina e 2 automezzi nonché parte dei proventi delle attività illecite e numerose banconote false.
Alla luce degli elementi di prova complessivamente raccolti, il procuratore capo Giuseppe Amato e il sostituto Davide Ognibene, che hanno coordinato le indagini, hanno richiesto 27 ordinanze di custodia cautelare in carcere (di cui 22 già eseguite), concesse in toto dal giudice per le indagini preliminari (Francesco Forlenza), nei confronti dei membri di un’associazione per delinquere dedita al traffico illecito, alla detenzione ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, contestando, per dieci di essi, anche l’aggravante del reato transnazionale.
L’indagine, partita da una prima raffinata identificazione di numerosi soggetti che spacciavano sulle “piazze” di Trento e Rovereto ha permesso di ricostruire l’intera filiera criminale, che ha messo in luce un’organizzazione strutturata su tre distinti gruppi criminali tra loro strettamente interconnessi e ramificati in Trentino, Veneto, Lombardia e Piemonte, che rifornivano gli spacciatori locali di cocaina, eroina e hashish, curandone sia l’importazione dall’estero sia la distribuzione in Italia.
I membri dell’organizzazione si sono dimostrati in grado di garantire, ricorrendo anche ad azioni di forza ed a metodi intimidatori volti a mantenere il controllo del lucroso “mercato”, un costante approvvigionamento di sostanze stupefacenti verso, in particolar modo, le città di Trento e Rovereto.
In esito alle numerose attività di riscontro sul territorio nazionale e grazie anche al contributo ed al raccordo informativo del II Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza2 e della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, è emerso che gli stupefacenti provenivano, principalmente, dalla Spagna e dal Marocco.
In particolare, uno dei tre gruppi criminali aveva il compito di acquistare la droga in tali Paesi e di introdurla clandestinamente nel territorio nazionale.
Di norma, i pagamenti delle partite di droga avvenivano, per la Spagna, attraverso denaro contante trasportato al seguito e, per il Marocco, avvalendosi dell’hawala, un sistema informale di trasferimento di valori basato sulle prestazioni e sull’onore di una vasta rete di mediatori, attraverso il quale è possibile trasferire da un Paese all’altro somme di denaro senza movimentarle fisicamente ed evitando i canali ufficiali.
I trasporti delle partite di droga avvenivano occultando la sostanza stupefacente nelle intercapedini degli autoveicoli, per i quantitativi maggiori, ovvero portandola sulla persona od in zainetti, a bordo di mezzi di trasporto pubblici, quali treni e autobus.
Tra i componenti dei gruppi criminali indagati, vi erano anche alcune coppie sposate. Mariti e mogli che collaboravano attivamente nello stoccaggio e nel traffico degli ingenti lotti di droga. Nel febbraio 2015, infatti, una coppia domiciliata a Mori aveva trasportato 10 chili di hashish sulla tratta ferroviaria Brescia-Verona portando con sé il proprio figlio di 5 anni, in quella che appariva essere un’innocente gita familiare. Uno dei due, posto agli arresti domiciliari, nell’aprile successivo aveva cercato di fuggire all’estero ma era stato subito intercettato e nuovamente arrestato, questa volta per evasione, sempre dagli uomini della Guardia di Finanza di Trento.