Napoli – Dopo mesi di lotta contro una sanità “ritardataria” per l’arrivo di uno speciale farmaco “salvavita” dall’America, Rosario Fioretti, diciannovenne del napoletano affetto da leucemia linfoblastica acuta, si è spento mercoledì 3 febbraio. I medici dell’ospedale Cardarelli di Napoli fanno sapere di aver fatto il possibile per salvarlo.
“Ci abbiamo provato in tutti i modi – dichiarano Francesco Emilio Borelli dei ‘Davvero Verdi’ e Gianni Simioli de ‘La Radiazza’ – a salvarlo mobilitando mezzo mondo. Siamo arrivati a recuperare un nuovo farmaco ancora non in commercio in Italia grazie al professore Fabrizio Pane del Policlinico”.
“Abbiamo coinvolto il ministro Lorenzin, il presidente della Regione, De Luca, ognuno nel suo piccolo ha fatto quello che poteva. Non conoscevamo Rosario e neanche la sua famiglia ma ci siamo sentiti uniti a loro dalla voglia di aiutarlo”, testimoniano.
Rosario aveva scoperto di essere vittima di questo male nel 2012 dopo una partita a calcetto con gli amici. Gli esami del sangue e un’ecografia all’addome avevano portato alla luce la sconvolgente verità di una forma di cancro rara e violenta. Il ragazzo si era, dunque, sottoposto a chemioterapia e anche ad un trapianto di midollo, ma la malattia si era ripresentata.
Neanche poche settimane fa c’era stata la speranza dell’arrivo imminente del farmaco americano, annunciata da quotidiani nazionali come ‘La Repubblica’, il “Blinatumobab”, sperimentato in Italia ma ancora non autorizzato. Di qui l’appello della famiglia al ministro affinché si facesse presto. “Mio figlio ha diritto alla vita, non può aspettare. – dichiarò la madre – Se c’è un minimo di opportunità dobbiamo coglierla”.
Gli amici di Rosario, a tal proposito, avevano creato una pagina Facebook per sensibilizzare l’opinione pubblica, intitolata “Bisogna curare Rosario Fioretti”. Migliaia di persone stavano seguendo la storia del ragazzo che amava giocare a calcio e che era disposto a farsi vedere bloccato a letto solo per sensibilizzare il ministro Lorenzin e ottenere quel farmaco.
“Non chiediamo né soldi né altro. – aggiunse la zia Emma – Mio nipote non può andare in America, non può muoversi dal letto. Serve solo la firma del ministro per far arrivare il trattamento in Italia. Non ci sarà alcun costo per la Sanità. Non so se il Blinatumobab salverà Rosario, ma l’alternativa al farmaco è la morte. Non possiamo più aspettare”.
Appelli ascoltati e, nonostante il ritardo, il Blinatumobab è arrivato. Tuttavia, anche questa strada, come quella della chemio e del trapianto, si è rivelata infruttuosa, lasciando solo tristezza e disperazione per la morte prematura di un giovane la cui storia aveva commosso un’intera nazione.