Catania – Sfruttando una singolare interpretazione della normativa nazionale a favore della categoria degli studenti-lavoratori, universitari catanesi sono riusciti ad ottenere indebitamente cospicue borse di studio tra il 2009 e il 2014.
Il meccanismo escogitato era semplice: la legge nazionale concede il beneficio allo studente lavoratore che, da almeno due anni, ha abbandonato il nucleo familiare d’origine e dimostra di avere un reddito da lavoro dipendente: a Catania, invece, bastava il semplice cambio di residenza per reclamare la borsa di studio.
A differenza delle altre Università d’Italia, infatti, secondo l’ente regionale per il diritto allo studio universitario di Catania (l’E.r.s.u.) lo studente che, da almeno due anni, aveva trasferito anagraficamente la residenza (per esempio presso i nonni), anche se non produceva reddito proprio, si considerava svincolato dalla famiglia d’origine (che lo avrebbe collocato in una fascia di reddito troppo alta per poter beneficiare degli aiuti economici) semplicemente perché entrava a far parte di un nuovo nucleo familiare con reddito, non prodotto dallo studente, notevolmente inferiore.
Così c’era chi variava la residenza presso la seconda casa dei genitori, al mare o in montagna, insieme al nonno pensionato; chi si trasferiva presso i nonni insieme ad un cugino o un fratello al fine di ottenere entrambi la borsa di studio; chi già aveva la nonna in casa con i genitori e trasferiva comunque la residenza nella stessa via ma ad un vecchio numero civico nel quale risultava ancora l’anziana signora. Chi, di Catania, si trasferiva a centinaia di chilometri dalla sede dell’Università per risultare nella famiglia, monoreddito e con tre bambini, della sorella è quanto accertato dal nucleo di polizia tributaria di Caltanissetta al termine di un complessa attività di polizia economico-finanziaria nei confronti dell’ente regionale per il diritto allo studio universitario di Catania (E.r.s.u.) che gestisce i bandi pubblici per le erogazioni di prestazioni sociali agevolate agli studenti.
In particolare, l’attenzione dei finanzieri della sezione tutela economia si è concentrata sulle domande degli studenti risultati vincitori di borsa di studio nella categoria dei cosiddetti “indipendenti” per gli anni accademici dal 2009/2010 ad oggi.
Disattendendo le norme di legge che qualificano come “indipendente” lo studente che congiuntamente dichiara di avere: residenza esterna rispetto a quella della famiglia di origine, da almeno due anni, in alloggio non di proprietà di un membro sempre della famiglia di origine; redditi da lavoro dipendente o assimilati fiscalmente dichiarati, da almeno due anni, non inferiori a 6.500 euro.
L’E.r.s.u. ha infatti distribuito indebitamente migliaia di euro a studenti non aventi i citati requisiti, sottraendoli quindi ad altri soggetti realmente meritevoli, attraverso un’errata compilazione dei bandi annuali che disciplinavano le modalità per partecipare all’assegnazione dei benefici economici.
In realta’ la volontà del legislatore va nella direzione di sostenere economicamente lo studente che non ha l’aiuto economico dei genitori e che quindi produce “reddito da lavoro dipendente o assimilati fiscalmente dichiarati, da almeno due anni […]” con il quale “esonera” il proprio nucleo familiare d’origine dal dovere di mantenimento.
Il concetto di indipendenza economica dello studente come requisito essenziale per essere ammessi ai benefici di legge, viene confermato anche dalla necessità di un avvenuto cambio di residenza rispetto a quello del nucleo familiare d’origine sempre da due anni.
L’attività ispettiva, pertanto, ha permesso di segnalare alla Corte dei Conti 4 dirigenti dell’E.r.s.u. che con le loro condotte hanno cagionato un danno erariale per oltre 350mila euro di cui si sono avvantaggiati 86 studenti in relazione a borse di studio comprendenti rimborso spese alloggio, premi laurea e rimborso della tassa diritto allo studio; e di denunciare alla Procura della Repubblica di Catania 49 studenti per i reati di truffa aggravata ai danni dello stato e falso.