Catania – I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Catania hanno dato esecuzione ad un’ordinanza, emessa dal gip del Tribunale etneo, nei confronti di 19 soggetti – 5 tratti in arresto e 14 destinatari di misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria – tutti siciliani, per i reati di associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di sigarette.
Nel corso dell’operazione è stato eseguito, tra l’altro, il sequestro dei veicoli utilizzati nell’illecito traffico. Le indagini, coordinate dalla locale Procura Distrettuale della Repubblica, hanno consentito di smantellare una complessa organizzazione, costituita prevalentemente da soggetti pluripregiudicati, che aveva monopolizzato la vendita di sigarette di contrabbando nella centralissima zona del mercato di piazza Carlo Alberto.
L’attività investigativa del Gruppo di Catania ha consentito di riscontrare che l’associazione, al vertice della quale è presente anche il figlio di un esponente riconducibile al noto clan mafioso catanese dei “Sciuto-Tigna”, aveva suddiviso l’area mercatale in quattro zone, esercitando il controllo minuzioso su ognuna di esse e stabilendo per tutte i prezzi per la minuta vendita delle sigarette eliminando qualsiasi forma di concorrenza.
Le cessioni, che venivano effettuate anche grazie a stalli posizionati nei punti di maggiore afflusso e transito degli avventori del mercato, erano garantite dagli ambulanti abusivi a un prezzo di circa 3 euro a pacchetto. I minutanti, alcuni dei quali vivevano completamente con i proventi dell’illecito commercio, al termine della giornata, raccoglievano i tabacchi invenduti e li occultavano in alcuni furgoncini ovvero nelle cabine elettriche o telefoniche ubicate nei pressi di piazza Carlo Alberto, pronti per essere riproposte sui banchetti il giorno seguente.
Per nascondere e conservare le stecche di sigarette, l’organizzazione è ricorsa anche alla copertura fornita da una “edicola” ambulante allestita presso la piazza gestita da una donna anziana. Inoltre, nei giorni di assenza del venditore normalmente preposto allo smercio delle sigarette, era la stessa donna che assicurava anche la vendita dell’illecito prodotto al fine di mantenere il presidio della zona di influenza.
La suddivisione del territorio tra i vari sodali e i singoli minutanti era effettuata secondo un principio gerarchico, in base al quale i migliori stalli competevano ai soggetti più importanti e di spessore. Alcune postazioni, infatti, erano in grado di assicurare un guadagno anche di oltre 1500 euro a settimana, garantendo al minutante una paga giornaliera di circa 50 euro. Nel caso di scarso rendimento nelle vendite, l’organizzazione sanzionava l’ambulante con una forte riduzione della paga.
Le Fiamme Gialle hanno così ricostruito l’intera dinamica illecita riscontrando cessioni di tabacchi per quasi una tonnellata (pari a circa 50mila pacchetti di sigarette), per un totale di tributi evasi di circa 138mila euro. Le investigazioni hanno consentito di appurare, tra l’altro, come il sodalizio criminale vendesse tabacchi di diversa qualità: sigarette provenienti dal regime “duty free”, di migliore manifattura, ovvero le “tinte” – come emerso dalle intercettazioni – tabacchi di scarsa qualità nei quali è stata rinvenuta anche la presenza di muffe e batteri dannosi.
In particolare, le analisi microbiologiche, eseguite dalla locale azienda sanitaria sui campioni di prodotto sequestrato dai militari, hanno permesso di riscontrare la presenza di una elevatissima carica batterica e di miceti, agenti che sono in grado di provocare patologie infettive all’apparato respiratorio, digerente, nonché al sangue.
L’attività d’indagine, partendo dal monitoraggio degli ambulanti, ha consentito di risalire la catena organizzativa fino all’individuazione dei responsabili a monte nonché di recidere i canali di approvvigionamento, localizzati principalmente nell’area del lentinese. Le sigarette, anche dopo lunghe trattative, venivano acquistate dall’organizzazione al prezzo di circa un euro a pacchetto, assicurando così un margine complessivo di guadagno di 2 euro a confezione.
Per ridurre il rischio di controlli, i tabacchi venivano trasportati ben occultati a bordo di alcune vetture e, come filmato dagli investigatori, ceduti dai lentinesi ai catanesi nei parcheggi di alcuni centri commerciali ovvero del Palaghiaccio etneo. Il sodalizio criminale era riuscito, grazie a una costante fornitura di tabacchi venduti ad un prezzo decisamente concorrenziale, a ramificare la propria presenza anche in altri mercati rionali della Sicilia orientale (Messina e Paternò).