Casapesenna – Cinque ordinanze di custodia cautelare eseguite, giovedì mattina, dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Caserta e dalla polizia nell’ambito di un’inchiesta riguardante il controllo del clan Zagaria su sale giochi e centri scommesse.
Gli indagati sono Carlo Fontana, 44 anni, Giovanni Garofalo, 44, Attilia Zagaria, 38, Raffaella D’Aniello, 41, (i quattro nella foto, da sinistra), e Alberto Di Cerbo, 56, ritenuti responsabili di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, concorrenza illecita e ricettazione, aggravate dalle finalità mafiose.
Coordinati dalla Procura antimafia di Napoli, carabinieri e poliziotti hanno accertato il controllo che imprenditori e commercianti, legati al boss Michele Zagaria, imponevano e distribuivano in esclusiva delle slot machine in alcuni comuni del Casertano, tra cui Casapesenna, San Marcellino e Trentola Ducenta. Eseguito anche un decreto di sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore di circa 1 milione di euro.
LE INDAGINI – Dall’attività investigativa, fanno sapere gli inquirenti, hanno fatto emergere il coinvolgimento dei fratelli Giovanni e Giuseppe Garofalo – appartenenti al gruppo di Casapesenna – nella gestione di internet point, sale giochi, bar e centri scommesse, nonché nell’esclusiva distribuzione e gestione di congegni elettronici da intrattenimento (‘slot machine’).
Nonostante la cattura di Michele Zagaria e l’arresto dei fratelli Garofalo, il controllo monopolistico nella gestione di centri scommesse e nell’imposizione delle macchinette da gioco nei comuni di Casapesenna, San Marcellino e Trentola Ducenta, sarebbe rimasto sostanzialmente immutato, essendo stato affidato a Carlo Fontana, cognato dei fratelli Garofalo.
Infatti, è stata rinvenuta ed analizzata della documentazione sequestrata nel corso di una perquisizione domiciliare eseguita presso l’abitazione di Fontana e di sua moglie, Maria Maddalena Garofalo, sorella di Giovanni e Giuseppe, da cui è emersa una rudimentale forma di contabilità domestica, che abbraccia un periodo che va dal luglio 2014 fino agli inizi del 2015, dalla cui lettura è stata ricavata la rendicontazione di uscite e soprattutto di entrate di cospicue somme di danaro (nell’ordine di diverse decine di migliaia di euro mensili) derivanti dalle attività di alcuni esercizi pubblici fra cui bar, sale da gioco e centri scommesse, situati nell’area di influenza del sodalizio.
È stato possibile risaltare come Fontana, tenutario della documentazione in trattazione, abbia di fatto ereditato la gestione patrimoniale dei conti familiari riconducibili ai cognati Garofalo, così come desunto dalle numerose voci di denaro in uscita riportanti, ad esempio, la dicitura ‘dati a Lella’, ovvero D’Aniello Raffaela, detta ‘Lella’, moglie di Giuseppe Garofalo, titolare fra l’altro di due società del settore, la “Size game Srl” e la “Slot Man Ia Srl”, nonché “Attilia”, ovvero Attilia Zagaria, moglie di Giovanni Garofalo.
Di rilievo è stata la contabilità corrispondente alle voci ‘rama’ e ‘par’, da ricollegare alla ragione sociale di alcuni bar di Casapesenna, quali il Bar Roma, il Bar Fontana e il Bar Paradise. E ancora, il termine ‘refili’, sempre riportato nei documenti, sta a indicare l’operazione in gergo chiamata di refili, cioè di ricarica, da parte del gestore delle slot, del contenitore delle monete, mentre le voci ‘spinx’, ‘toto/ totò’, ‘big book’ sono associabili ai diversi tipi di slot machine in produzione e distribuite nei locali, come quelle chiamate “Book of the Sphinx” e “Il Grande Totò”.
Alberto Di Cerbo, titolare della “Ese Italia – Evolution Software Engineering Srl”, attiva nel settore del noleggio e distribuzione delle apparecchiature elettroniche da intrattenimento, nel pattuire con Giuseppe Garofalo prima e con Carlo Fontana dopo, l’esclusiva collocazione delle slot all’interno della quasi totalità dei bar e dei circoli di Casapesenna, San Marcellino e Trentola Ducenta, versando poi la metà degli introiti alla famiglia Garofalo, nelle persone del Fontana e della D’Aniello, forniva un significativo contributo alla vita e al rafforzamento dell’organizzazione mafiosa di riferimento, estromettendo di fatto dal mercato altre ditte di distribuzione dei giochi.
Attilia Zagaria, moglie di Giovanni Garofalo, pur non concorrendo nel delitto presupposto, ma beneficiando consapevolmente della posizione verticistica del marito nelle gerarchie dell’organizzazione riconducibile a Michele Zagaria, riceveva mensilmente dal cognato Carlo Fontana, a titolo di sostentamento familiare, la somma di circa 3mila euro.
Contestualmente data esecuzione a un provvedimento di sequestro preventivo di beni mobili e immobili, riferibili agli indagati e a loro prestanome per una complessiva stima di 1 milione di euro, al netto delle risultanze dei rapporti bancari, anch’essi oggetto di sequestro.