Santa Maria Capua Vetere – I carabinieri della compagnia di Santa Maria Capua Vetere – coordinati dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli – hanno eseguito un ordine di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre persone, Tommaso Del Gaudio, 47 anni, Fabio Del Gaudio, 35, e Luciano Formisano, 48, ritenute responsabili di porto in luogo pubblico di arma da fuoco, con l’aggravante del metodo mafioso.
L’indagine, condotta dal mese di settembre 2013 a gennaio 2015, in merito alla faida tra le famiglie criminali Fava e Bellaggiò per il controllo dei traffici illeciti nel comune di Santa Maria Capua Vetere, ha consentito, tra l’altro, di far luce sulle intimidazioni armate poste in essere dai destinatari dell’odierno provvedimento cautelare.
Sono tutti dipendenti della ditta Dhi, finita nei giorni scorsi nell’inchiesta su appalti e tangenti che ha portato all’arresto del sindaco di Maddaloni, Rosa De Lucia (leggi qui), i tre uomini arrestati stamattina dai carabinieri in quanto ritenuti coinvolti in una faida tra gruppi camorristici per il controllo delle piazze di spaccio a Santa Maria Capua Vetere e comuni limitrofi.
Lunedì scorso, nell’ambito dell’inchiesta sul Comune di Maddaloni, in carcere è finito anche il titolare della Dhi, l’imprenditore Alberto Di Nardi, che avrebbe pagato ingenti tangenti al sindaco De Lucia, per assicurarsi l’appalto per la raccolta dei rifiuti.
Le tre persone arrestate oggi sono ritenute coinvolte in episodi di intimidazione armate messe a segno per conto del gruppo camorristico Del Gaudio, detti ‘Bellagiò’.
Particolare importanza probatoria hanno assunto le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Armando Fava e Pasquale Fava, che dopo il loro arresto, avvenuto proprio in conseguenza di attentati incendiari commessi ai danni dei componenti della famiglia Bellaggiò decidevano di collaborare con la giustizia.
Le indagini hanno permesso di appurare che il 12 marzo 2013 gli indagati, a bordo di due veicoli ed in particolare una autovettura ed un furgone addetto alla raccolta rifiuti della società Dhi, dove tutti e tre gli indagati esplicano attività lavorativa, esplodevano alcuni colpi di arma da fuoco all’indirizzo di Pasquale Fava, senza colpirlo.
Tale episodio è da inquadrare in un chiaro tentativo di imporre il proprio controllo criminale sul territorio, in considerazione delle modalità dello stesso, avvenuto in pieno giorno ad opera di più persone con un indubbio richiamo ad un sistema in forza del quale i soggetti avversari devono temere ritorsioni ed attentati, anche alla loro vita, e non lasciano dubbi sul fatto che il reato sia stato commesso avvalendosi della forza intimidatrice derivante dall’utilizzo del metodo mafioso. Il gruppo costituito dalla famiglia Del Gaudio, detti “Bellaggiò”, disponeva di armi.
Il gip ha sottolineato come massimo sia il rischio di reiterazione poiché tali episodi sono ricorrenti soprattutto nei momenti in cui una organizzazione criminale vede diminuire il proprio controllo su di una determinata zona e come la spregiudicata condotta tenuta dagli indagati che, in pieno giorno, con assoluta spavalderia esplodono colpi d’arma da fuoco nei confronti della vittima designata, nonché l’aver agito nell’interesse di consorterie criminali ed evocando la capacità intimidatoria di gruppi criminali ben radicati sul territorio rendono concreto ed attuale il rischio di ricaduta nello stesso crimine.