Furto di oro e cocaina al Tribunale: arrestati commesso e cancelliere

di Redazione

Santa Maria Capua Vetere (Caserta) – I carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Caserta, su ordine del gip di Santa Maria Capua Vetere, hanno tratto in arresto Donato Longallo, 62 anni, nato a Barletta, e Vincenzo Garzone, 48 anni, di Acerra, rispettivamente commesso e cancelliere del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione illecita di sostanze stupefacenti e psicotrope, nonché di numerose condotte riconducibili nei reati di falsità materiale commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici.

Le indagini, coordinate dalla Procura sammaritana, hanno consentito di far luce sul gravissimo episodio verificatosi all’interno dell’Ufficio Corpi di Reato del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. In particolare, nel mese di settembre del 2015, a seguito di una verifica sulla tenuta dei corpi di reato di valore – da parte del personale amministrativo in servizio presso l’Ufficio del Tribunale – sono state riscontrate delle gravissime anomalie in relazione alla consegna di alcuni reperti tra lingotti in oro, altri preziosi e 13,765 chilogrammi di cocaina.

I reperti – secondo quanto ricostruito dai preliminari accertamenti documentali – sarebbero stati consegnati, il 13 maggio 2015, con modalità palesemente difformi rispetto al protocollo previsto per le attività di consegna. Precisamente, quanto ai preziosi e lingotti in oro, questi risultavano consegnati a tale maresciallo Giuseppe Crisci della Guardia di Finanza di Casetta, giusto provvedimento di archiviazione a firma del gip Giuseppe Meccariello, emesso in data 30 aprile 2015. Tale provvedimento, tuttavia, è risultato essere palesemente falso in quanto non recante alcun numero dell’ufficio Gip ed anche perché lo stesso giudice, sentito a sommarie informazioni, ne ha categoricamente disconosciuto la paternità.

In relazione alla cocaina, questa risultava consegnato a tale maresciallo Ippolito della Guardia di Finanza di Napoli, giusta sentenza anch’essa emessa dal gip Meccariello in data 30 aprile 2015. Anche tale ultimo provvedimento è risultato essere falso e disconosciuto dal giudice Meccariello.

Le ulteriori attività investigative – attraverso una mirata attività d’intercettazione di conversazioni telefoniche ed ambientali, nonché attraverso perquisizioni, sequestri, acquisizione di tabulati telefonici ed escussione di persone informate – h nno consentito di accertare il coinvolgimento diretto dei due dipendenti in servizio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, rispettivamente con funzioni di commesso e di cancelliere.

Longallo è colpito da un quadro indiziario grave in relazione alla commissione dei reati di peculato e falso materiale, nonché del reato previsto e punito dall’art. 73 co. 1 e 80 co. 2 del d.P.R. n. 309 del 1990. In particolare, Longallo: 1) ha formato due verbali di consegna falsi, attestando come avvenute delle consegne di reperti in realtà inesistenti, peraltro apponendovi le (false firme) di soggetti indicati quali consegnatari e risultati essere inesistenti; 2) ha falsificato il registro corpi di reato (mod. 41), annotando sullo stesso un’attività di consegna mai avvenuta; 3) ha aggiunto – in data successiva al 13 maggio 2015 – un’annotazione sul suddetto registro mod. 41, avente ad oggetto l’asserita e falsa circostanza che il ritiro dei reperti fosse stato materialmente eseguito da un altro dipendente del Tribunale, tale D’Agostino Michele; 4) si è appropriato – nella qualità di pubblico ufficiale di fatto – di un ingente quantitativo di preziosi e lingotti in oro, nonché di 13765,42 grammi di cocaina; 5) ha detenuto, senza autorizzazione, e per un uso non esclusivamente personale, la di cocaina.

A carico di Garzone sono emersi gravi indizi in ordine al reato di falso materiale, commesso in concorso con Longallo. Secondo gli inquirenti, ha istigato Longallo ad apporre un’annotazione sul Registro corpi di reato (mod. 41) avente ad oggetto l’asserita e falsa circostanza che il ritiro dei reperti fosse stato materialmente eseguito da un altro dipendente del Tribunale, tale Michele D’Agostino.

Le indagini, intanto, proseguono alacremente, visto che tali condotte da parte degli indagati “appresentano soltanto un segmento di una più ampia attività criminale, che appare connotata da caratteri di serialità”, come riferisce la Procura, sottolineando che va accertato ancora “se esponenti dell’area gravitante nell’ambito della criminalità organizzata si siano inseriti – ed in quale fase – nella vicenda, come sembra potersi ipotizzare laddove si osservi che il mercato della cessione di sostanze stupefacenti, così come quello dei preziosi, sono governati nell’ambito territoriale di commissione dei fatti da associazioni criminali”.

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