Gioiosa Ionica (Reggio Calabria) – Vasta operazione anticrimine in provincia di Reggio Calabria condotta congiuntamente da Guardia di Finanza e Carabinieri nei confronti di un gruppo di persone ritenute presunti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura ed esercizio abusivo del credito, con l’aggravante del metodo mafioso, operanti nella Locride ed, in particolare, nei Comuni di Siderno, Gioiosa Jonica e Marina di Gioiosa Jonica.
L’operazione, che ha impegnato oltre 400 militari, tra Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e dello Scico di Roma, e Carabinieri del Ros, del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dello Squadrone Eliportato Carabinieri “Cacciatori di Calabria”, ha portato all’esecuzione di un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica – Dda di Reggio Calabria a carico di 34 persone, nonché a perquisizioni nei confronti di52 indagati ed al sequestro preventivo di beni mobili, immobili e società per un valore di circa 15,5 milioni di euro.
L’indagine, denominata “Typographic”, per la parte svolta dalla Guardia di Finanza e “Acero Bis” per la parte sviluppata dai carabinieri, condotta sotto la direzione della Dda di Reggio Calabria, prende le mosse dalla denuncia di un imprenditore operante nel settore tipografico, ora residente unitamente al suo nucleo familiare in località protetta, il quale ha delineato una complessa attività di usura posta in essere ai suoi danni da soggetti contigui alle cosche di ‘ndrangheta operanti nei Comuni della fascia Jonica della Locride, gli “Ursino–Macrì” e “Jerinò” di Gioiosa Jonica, i “Rumbo–Galea–Figliomeni” di Siderno, i “Bruzzese” di Grotteria, i “Mazzaferro” di Marina di Gioiosa Jonica.
Le successive indagini, anche di natura tecnica, avviate dalla Guardia di Finanza su delega della Dda, corroborate dalle autonome investigazioni dei Carabinieri del Ros sulle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, hanno permesso di ricostruire la struttura della locale della ‘ndrangheta di Gioiosa Ionica, riconducibile alle famiglie Ursino-Macrì-Jerinò e individuare un consistente giro di usura ai danni di oltre 50 soggetti ai quali le cosche applicavano interessi usurari oscillanti tra il 50% ed il 500% annuale.
Le indagini hanno evidenziato che quando la vittima di usura non poteva far fronte agli interessi mensili con il denaro veniva costretta, in alcuni casi, ad emettere fatture false a favore di società riconducibili e/o vicine agli usurai, al fine di far figurare costi mai sostenuti da queste ultime ed abbattere così la base imponibile ai fini della successiva tassazione.
Molti dei componenti della locale di Gioiosa Ionica sono già detenuti in quanto coinvolti in varie operazioni di polizia giudiziaria e colpiti da condanne, pertanto il provvedimento di fermo è stato emesso a carico degli affiliati in stato di libertà, sul conto dei quali sono emersi concreti elementi a suffragio della sussistenza del pericolo di fuga all’estero, in considerazione degli strettissimi legami tra la ‘ndrangheta di Gioiosa Ionica e la criminalità organizzata di matrice calabrese operante in Canada che, come accertato, tra l’altro nei processi “Crimine” e “Morsa sugli appalti”, costituisce una diretta emanazione della stessa “società” gioiosana.
L’esistenza della cosca Ursino di Gioiosa Ionica è stata sancita con sentenza passata in giudicato nel luglio 2014 a conclusione del procedimento penale relativo all’operazione “Mistero” della Dda di Reggio Calabria, scaturito dall’omicidio di Pasquale Simari, nato nel 1965, ucciso nel luglio 2005, che ha portato alla condanna, fra gli altri, di Antonio Ursino per associazione mafiosa. Più di recente, l’operazione “New Bridge”, conclusa nel febbraio 2014, ha evidenziato il coinvolgimento degli Ursino nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti, in connessione con la famiglia mafiosa siciliana dei “Gambino” di New York.
Oltre ai 34 fermi operati da carabinieri e finanzieri, le Fiamme Gialle hanno eseguito il sequestro preventivo di beni per un valore stimato di 15,5 milioni di euro, in esito a indagini patrimoniali che hanno consentito di individuare abitazioni, ville, attività commerciali, automezzi e conti correnti bancari illecitamente accumulati e quindi sequestrati ai sensi della normativa antimafia. I fermati sono stati tutti associati in carcere.