Andreas Lubitz fu invitato da un medico a ricoverarsi in un ospedale psichiatrico due settimane prima che il 24 marzo 2015 facesse schiantare l’aereo della Germanwings, di cui era copilota, sulle Alpi francesi, uccidendo le 150 persone a bordo (leggi qui).
Lo attesta il rapporto finale degli inquirenti transalpini della BeA, precisando che la compagnia aerea tedesca non era informata di questa raccomandazione sanitaria e, per questo motivo, il segreto medico per i piloti andrebbe allentato.
Nelle ore seguenti allo schianto si venne a scoprire che questo fu provocato dalla determinazione suicida del copilota, 27 anni, il quale, sfruttando una dei sistemi di sicurezza post-11 settembre che blocca la porta della cabina di pilotaggio, riuscì a far uscire il pilota e usò quei momenti per dirigere il velivolo contro le montagne.
Due settimane prima della tragedia, scrive la Bbc, riprendendo il rapporto degli inquirenti francesi, un medico aveva diagnosticato una grave depressione del pilota e ne aveva raccomandato le cure presso una struttura.
Il capo del team d’investigatori, Arnaud Desjardin, ha spiegato che già dal dicembre 2014 il pilota aveva iniziato a mostrare sintomi che “potrebbero essere compatibili con un episodio psicotico”, ma queste informazioni non erano a conoscenza della compagnia aerea. Per questo motivo, oltre a chiedere controli per “problemi psicologici e psichiatrici” più stringenti, vengono richieste regole certe che permettano il rilascio d’informazioni mediche nel caso dei piloti.
La Lufthansa, che controlla la Germanwings, ha anche ammesso che Lubitz aveva sofferto di depressione nel 2009, quando era ancora sotto addestramento.
Intanto, l’Associazione dei parenti delle vittime del volo Germanwings ha diffuso un comunicato in cui spiega: “Le istituzioni private e pubbliche hanno l’obbligo di vigilare sulla sicurezza di tutti, ma l’inchiesta dimostra che in questo caso non è stato così. Il sistema che finora è stato utilizzato ha fallito profondamente. Facciamo un appello alle istituzioni perché cambino le normative, la privacy di un individuo non può essere più importante della sicurezza di tutti”.