È balzato alla cronaca, negli ultimi giorni, il terribile assassinio di Luz Maria Coni e Marina Menegazzo, turiste argentine uccise da due uomini durante un viaggio in Ecuador.
L’accaduto ha provocato in un primo tempo reazioni diverse sul web, molti utenti hanno accusato le ragazze di essere state poco attente, di aver indossato abiti provocatori e, soprattutto, di aver scelto il viaggio in luoghi non sempre ospitali senza un accompagnatore maschile.
Le insinuazioni hanno di rimando punto l’orgoglio dei gruppi femministi e, in generale, di coloro che credono nella libertà e indipendenza delle donne, tanto che al clic di #viajosola (#viaggiodasola) è divenuta virale una lettera scritta dalla paraguayana Guadalupe Acosta. Attraverso la commuovente lettera, Guadalupe ha dato in prima persone voce alle due vittime:
“Ieri mi hanno ucciso. Mi sono rifiutata che mi toccassero e con un bastone mi hanno bucato il cranio. Mi hanno accoltellata e lasciato che morissi dissanguata.
Quale spreco! Mi hanno messa in una busta di polietilene nero, chiusa con nastro adesivo e mi hanno gettata su una spiaggia, dove ore più tardi mi hanno trovata.
Ma peggio della morte, è stata l’umiliazione che è venuta dopo.
Dal momento che hanno avuto il mio corpo inerte, nessuno si è chiesto dove era il figlio di puttana che ha strappato i miei sogni, le mie speranze, la mia vita.
No, anzi, hanno iniziato a farmi domande inutili. A me, ve lo immaginate? Una morta, che non può parlare, che non può difendersi.
Che vestiti avevi? Perché eri sola? Perché una donna va a viaggiare senza compagnia? Camminavi in un quartiere pericoloso, cosa ti aspettavi?
Hanno messo in discussione i miei genitori, per avermi dato le ali, per avermi resa indipendente, come ogni essere umano. Hanno detto che sicuramente eravamo drogate e che ce lo siamo cercate, che abbiamo fatto qualcosa di sbagliato, che loro avrebbero dovuto sorvegliarci.
E solo morta ho capito che no, che per il mondo io non sono uguale a un uomo. Che morire è stata colpa mia, che sarà sempre colpa mia. […]”.
Poi l’appello agli utenti: “Ti chiedo di alzare la voce per me e per tutte noi donne che hanno messo a tacere, alle quali hanno rovinato la vita e i sogni. Lottiamo insieme, io con voi, con lo spirito, e prometto che un giorno saremo talmente tante che non esisteranno sacchi sufficienti a metterci a tacere tutte”.
Sono passati pochi giorni dall’8 marzo e, forse, proprio per questo quest’ultimo messaggio della giovane Guadalupe appare come una preghiera oltre che come un grido di aiuto e speranza. Il giro del mondo del post ha alzato nuovamente questioni sulla condizione della donna non solo nei paesi meno civilizzati, ma anche in quelli occidentali, dove nonostante le lotte, le conquiste e i diritti, le donne hanno ancora paura a “viaggiare da sole”.