Cesa – Se con la cultura non si mangia si possono però avere delle grandi soddisfazioni, come è accaduto a Enzo Moscato, Carlo Cerciello e Imma Villa, rispettivamente autore, regista e protagonista della pièce “Scannasurice” che martedì 26 aprile, nella sala consiliare del Comune di Cesa, hanno ricevuto il Premio della Critica nell’ambito della 18esima edizione della rassegna nazionale teatro-scuola “PulciNellaMente”.
La cerimonia di premiazione, moderata dal componente del direttivo della Pro Loco Maria Erika Alma, ha visto la partecipazione del giornalista e consulente di PulciNellaMente Antonio Lubrano, del sindaco di Cesa Vincenzo Guida, del direttore generale della kermesse Elpidio Iorio, del presidente della Pro Loco, Michele Autiero, e dell’attore atellano Pio Del Prete che tanto si è prodigato per l’ideazione di questo evento. Al termine dell’incontro visita guidata con degustazione a Palazzo De Marinis, in via De Tilla.
Opera scritta da Enzo Moscato all’indomani del terremoto dell’80, il protagonista di “Scannasurice” è un “femmeniello” che vive in una stamberga in cui gli fanno compagnia dei topi, metafora dei napoletani stessi. Un’opera che riprende le orme di Viviani, che mette in scena una Napoli degradata descrivendo i gradini più bassi della società.
“Noi del teatro non amiamo il degrado, noi siamo il degrado, dobbiamo esserlo, in qualsiasi situazione, anche in quelle più belle e ottimali, si deve arrivare al gradino più basso dell’umanità e poi risalire. E’ sempre una situazione di morte e di resurrezione, di massacro e di liberazione”, ha commentato Moscato. “Scannasurice – ha aggiunto – oltre ad essere un’opera tragico, è estremamente esilirante specialmente per l’uso della lingua napoletana. Per me è stato un miracolo scriverlo e interpretarlo”.
“Nel tempo siamo passati da un paradosso a un altro. Mentre prima con la cultura non si mangiava ora si deve mangiare a forza. Il teatro è stato trasformato in una sorta di aziendalismo puro, tutto produttività e consumismo, che ben poco c’entra col teatro e con la cultura, che è un nutrimento dell’anima indipendente, che non si misura la produttività. Non ci interessava intrattenere, ma ci interessava parlare del rapporto continuo di precarietà della città, di non sentirla come propria, di amore e odio fra il femmeniello napoletano e i topi”, ha poi spiegato Circiello, sottolineando come “le metafore di Moscato ci mostrano una visione di Napoli che alterna buio e luce, morte e vita. Il femminiello è una metafora dell’incompletezza di ognuno di noi che si può percepire in tutta la commedia”.