Santa Maria Capua Vetere – L’ex sindaco Biagio Di Muro, fino allo scorso dicembre alla guida del comune sammaritano, è finito in carcere insieme a un imprenditore del settore della ristorazione e a un funzionario, nell’ambito di un’operazione, condotta dalla Guardia di Finanza di Napoli e dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, su camorra e appalti a Santa Maria Capua Vetere. Nove, complessivamente, le ordinanze di custodia cautelare nei confronti di funzionari comunali, imprenditori, professionisti e “faccendieri”, accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo camorristico, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio e altre irregolarità nelle gare di appalto pubblico messe in atto anche per agevolare il clan dei casalesi.
Le indagini, in particolare, hanno fatto luce sulla gestione degli appalti da parte del Comune di Santa Maria Capua Vetere, evidenziato i legami dell’allora sindaco Di Muro e di altri esponenti dell’Amministrazione comunale con la fazione Zagaria del clan dei casalesi. L’attenzione degli investigatori si è concentrata sulla procedura a evidenza pubblica riguardane la progettazione e l’esecuzione dei lavori di Palazzo Teti Maffuccini, già confiscato negli anni ’90 al padre di Di Muro, storico vicesindaco del comune sammaritano.
Il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto la sussistenza di un illecito accordo che ha visto nel ruolo di corruttori l’ingegner Guglielmo La Regina, rappresentante legale della “Archicons srl”, società che si è occupata della progettazione dei lavori in questione, e Mario Cascella, rappresentante legale della “Lande srl”, che si è aggiudicata l’appalto per un valore di oltre due milioni di euro. I beneficiari delle “tangenti” elargite da questi imprenditori sarebbero stati il sindaco Di Muro e alcuni componenti della commissione di gara nominata (il rup Roberto Di Tommaso e il professor Vincenzo Manocchio) che avrebbero favorito le aziende corrutrici mediate l’attribuzione del necessario punteggio tecnico nelle procedure di gara. La “mazzetta” corrisposta, per un valore al momento accertato di 70mila euro, è stata contabilmente giustificata dall’emissione di fatture relative a operazioni oggettivamente inesistenti da parte di aziende compiacenti.