Continuano le indagini per accertare le cause della morte di Giulio Regeni, il ricercato italiano scomparso il 25 gennaio al Cairo e ritrovato morto il 3 febbraio alla periferia della capitale. È stato, infatti, posticipato l’incontro tra inquirenti ed investigatori italiani ed egiziani, fissato per il prossimo 7 e 8 aprile. L’incontro, che si terrà a Roma, sarà presieduto da due magistrati e tre di polizia egiziani, i magistrati della Procura della Repubblica di Roma e gli investigatori del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei Carabinieri che seguono il caso.
Dopo la parziale retromarcia di ieri del governo egiziano, che ha dichiarato che “la ricerca dei responsabili è ancora in corso” e che non può esser confermato che “Regeni sia stato ucciso da una banda di rapinatore”, il quotidiano locale “al Shouruk”, citando fonti della sicurezza locale, ha rivelato che i magistrati egiziani hanno preparato un ampio dossier di oltre 2000 pagine contenente gli interrogatori di oltre 200 testimoni da portare a Roma. Secondo “al Shouruk”, infatti, “finora non è stata raggiunta la formazione definitiva della squadra che andrà in Italia, non è chiaro se includerà fonti giudiziarie, pubblici ministeri e medici legali”.
Sempre oggi Mohamed Abdel Hadi Allam, direttore di “Al Ahram”, il maggiore quotidiano egiziano, ha pubblicato un editoriale in cui esorta le autorità a fare chiarezza sul caso del giovane italiano, avvertendo che la questione potrebbe avere “gravi conseguenze” per le relazioni bilaterali con l’Italia, invitando, quindi, a non sottovalutare il caso. Nel fine settimana è giunta una nuova frenata dal ministero dell’Interno egiziano sull’ultima versione fornita dalla polizia in merito all’omicidio di Giulio Regeni. Il portavoce del ministero dell’Interno, generale Abu Bakr Abdel Karim, ha detto che il dicastero non è certo che Regeni sia stato ucciso da una banda specializzata nelle rapine agli stranieri, come ipotizzato invece dagli investigatori egiziani.
“Le indagini sono in corso e non si sono mai interrotte, al contrario di quello che pensa qualcuno”, ha detto Abu Bakr. La scorsa settimana, gli effetti personali di Regeni sono stati trovati in un appartamento appartenente alla sorella di Tarek Saad Abdel Fatah, presunto capo di una sedicente banda criminale specializzata nelle rapine agli stranieri, nel distretto di Shobra al Khaima, nel governatorato di Qalyubia. Il sospetto criminale, originario di Sharqia, è stato ucciso dalle forze di sicurezza egiziane insieme ad altre quattro persone la mattina dello scorso 24 marzo, in una sparatoria a Heliopolis. Secondo la polizia egiziana, i cinque avrebbero sequestrato e ucciso Regeni. La versione della polizia di Shobra al Khaima, tuttavia, èstata accolta con cautela dal ministero dell’Interno e oggi è arrivata l’ennesima frenata. La ricostruzione degli agenti egiziani non sembra inoltre trovare riscontri da parte degli inquirenti italiani che seguono il caso. Lo scorso 2 aprile, il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shourky, ha dichiarato che l’omicidio Regeni rappresenterebbe “un incidente isolato”. Secondo il quotidiano egiziano “Al Shorouk”, il ministro ha spiegato che “le agenzie governative e le forze di sicurezza egiziane stanno continuando a compiere ogni sforzo per arrivare alla verità, scovare i responsabili e portarli davanti alla giustizia”, sottolineando che vi sarebbe una “piena collaborazione” con gli investigatori italiani presenti al Cairo.
Il ministro ha aggiunto che sarebbero in corso “contatti ad alto livello” tra i funzionari dei due paesi e che vi sarebbe un desiderio che questo “incidente” non comporti una crisi tra Italia ed Egitto. Nel weekend si e’ svolta alla procura generale egiziana del Cairo una riunione del nuovo team di inquirenti sul caso Regeni, allargato alle procure di Giza, Heliopolis e Shobra al Khaima. Il procuratore generale egiziano Nabil Saddeq ha ordinato mercoledi’ scorso, 30 marzo, la creazione di una nuova squadra di ispettori per completare le indagini sull’omicidio del ricercatore italiano. Saddeq ha spiegato che la decisione di nominare una nuova squadra di inquirenti è dovuta alla complessità delle indagini che riguardano più aree geografiche del paese.