Dichiarazioni choc caso Regeni, giornalista egiziana: “Che andasse al diavolo”

di Stefania Arpaia

Il Cairo – Parole choc quelle dette da un giornalista sul caso di Giulio Regeni mentre era in onda in diretta. “Non è il primo caso di omicidio al mondo”, e poi “Che andasse al diavolo”.

In una situazione già particolarmente incrinata, le dichiarazioni della donna non hanno fatto altro che creare malcontenti. La presentatrice Rania Yassen, sulla rete saudita Al Arabiya, ha prima lanciato la notizia di un’indagine aperta contro Reuters dalle autorità, con l’accusa di aver diffuso notizie false a proposito del caso di Giulio Regeni. Poi lo sfogo: “Voglio dirvi una cosa: tutto questo interesse per il caso Regeni a livello internazionale, come in Gran Bretagna e Usa… L’omicidio di Giulio Regeni è un complotto. Sono tanti i casi di egiziani spariti in tutto il mondo in particolare in Paesi come Italia e Usa dove le bande mafiose fanno di tutto”.

E ancora: “All’inizio francamente sentivo pietà nei suoi riguardi, un ragazzo ucciso, ma adesso basta, che andasse al diavolo! Non rompete insomma, siamo davvero stufi di voi”.

Dopo il danno quindi anche la beffa, mentre si crede che contro la presentatrice, volto noto della tv locale, verranno presi provvedimenti.

Nel frattempo 7 giornalisti  che indagavano sul caso Regeni sono stati fermati. In manette la reporter Basma Mostafa, che aveva intervistato la famiglia presso la quale erano stati trovati i documenti intestati a Giulio. Arrestati anche altri sei suoi colleghi vicino piazza Tahrir. Lo fa sapere un tweet il marito di Basma Mostafa.

Intanto il Guardian ha riferito che le autorità egiziane hanno aperto un’indagine a carico del capo dell’ufficio di corrispondenza dell’agenzia Reuters, Michael Georgy, dopo le rivelazioni di giovedì sul caso della scomparsa e uccisione di Giulio Regeni. Nella denuncia avviata dal responsabile della stazione di polizia di Azbakiya, la stessa dove l’agenzia ha riferito che il ricercatore italiano era stato portato dopo il suo arresto, si accusa la Reuters di avere pubblicato “notizie false che puntano a disturbare l’ordine pubblico e di diffondere indiscrezioni che danneggiano la reputazione dell’Egitto”.

In particolare le accuse sono in riferimento alle notizie diffuse da Reuters che, citando sei fonti di polizia e di intelligence, aveva rivelato che il ricercatore italiano era stato arrestato dalla polizia egiziana la sera della sua scomparsa, il 25 gennaio, e poi trasferito in un compound gestito dai servizi di sicurezza interni. 

Boldrini: “A tre mesi dalla sua scomparsa volevo ricordare Giulio Regeni e rilanciare l’impegno delle Istituzioni: non ci stancheremo mai di chiedere verità. Una democrazia non fa compromessi”.

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