È dura e sconvolgente la storia di Laura Passoni, la trentenne di origini italiane che per più di sette mesi ha vissuto ad Aleppo sotto il controllo dell’Isis a seguito dalla sua conversione all’Islam.
La donna, che viveva in Belgio, figlia, però, di immigrati italiani, aveva deciso di seguire, nel luglio 2014, il marito nel Califfato, una decisione che l’avrebbe portata ben lontana dalla sua vita quotidiana. Poi la fuga, di nascosto, dal marito e dai quei mesi di terrore e frustrazione fino al ritorno in Belgio, dove ad attenderla c’erano le autorità locali.
“Mi era vietato tutto, sono stati mesi di terrore. Mi avevano detto bugie. Nessuno sta bene in Siria”. Così è scappata ed è tornata a Charleroi dove è stata condannata a 5 anni con la condizionale. Dopo essersi sposata con un tunisino, Oussama Rayan, su cui la magistratura belga ha forte sospetti di complicità con gli jihadisti, si trasferisce in Siria passando per la Turchia. “Durante il giorno – racconta a La Repubblica – badavo a mio figlio, pulivo la casa e preparavo il pranzo e la cena. Ero obbligata a portare il burka, non avevo la libertà di uscire di casa se non con mio marito. Nemmeno per fare la spesa. Senza di lui, non potevo decidere niente. Le regole da seguire sono pesantissime. Siamo sorvegliati giorno e notte”.
“Mi hanno subito messa in stato di fermo e tolto l’affidamento dei miei figli. Li hanno tenuti per tre mesi i miei genitori, poi, dopo aver mostrato il mio rimpianto al giudice, me li hanno ridati. C’è stato un processo, alla fine del quale sono stata condannata a 5 anni con la condizionale e 15mila euro di multa da pagare”, racconta ancora a La Repubblica lanciando anche un appello a chi si converte e pensa che il Califfato sia la terra promessa: “Non fatevi fare il lavaggio del cervello. Evitate di fare l’errore che ho fatto io, perché la mia vita adesso è rovinata”.