Aversa, Comune ai limiti del dissesto? D’Amore: “Diciamo che il vestito è troppo stretto…”

di Livia Fattore

Aversa – Un tema pressoché assente in questa campagna per le amministrative ad Aversa è quello della situazione finanziaria del Comune. I candidati si rincorrono a fare proclami e lanciare idee su grandi e piccoli progetti, ma quasi nessuno si confronta con lo spinoso problema dei mezzi finanziari. Che il Comune non sia in condizioni floride è noto, come il fatto che il Commissario prefettizio si sia trovato la patata bollente di circa due milioni di debiti fuori bilancio da sistemare.

Negli anni dell’amministrazione Sagliocco, infatti, il Consiglio comunale non è mai intervento ad assumere gli atti di propria competenza per il riconoscimento e la copertura di questa ingente massa di debiti.

Ne abbiamo parlato con il professor Mariano D’Amore, ordinario di Economia aziendale nell’Università Parthenope e uno dei massimi esperti mondiali nel campo. In predicato di essere candidato sindaco nella città normanna, ha infine accettato di concorrere come consigliere comunale con la coalizione di Marco Villano. Secondo i bene informati, sarebbe un sogno nel cassetto di Villano avere D’Amore nella sua squadra per il prossimo quinquennio.

È vero che la situazione finanziaria del Comune è così disastrata o, come qualcuno dice, ai limiti del dissesto?

“Le cose non stanno esattamente in questi termini. Il Comune di Aversa è come una persona che indossa un vestito troppo stretto…L’equilibrio tra entrate e spese di parte corrente è ai limiti, quello che si poteva tagliare della spesa è già stato tagliato fino all’osso per mantenere la situazione in pareggio. Quindi, non c’è spazio per nuove iniziative che peschino nella spesa corrente, come quelle in campo sociale e culturale, né per nuove assunzioni”.

Quindi, dobbiamo attenderci nuove tasse per i cittadini?

“Con le difficoltà economiche che hanno le famiglie, è l’ultima cosa da farsi”.

E allora come bisogna intervenire?

“La vera sfida è trasformare il patrimonio comunale da voce secca di spesa in una voce di entrata. Ci sono vari beni immobili che gravano sul Comune per gestione e manutenzioni e che, invece, andrebbero messi a reddito, sollevando il Comune dalle spese che oggi sostiene. Si potrebbero così liberare risorse da destinare ad altri scopi”.

Può farci un esempio?

“Il palazzetto dello sport. Costa al Comune centinaia di migliaia di euro all’anno. Potrebbe essere affidato alla gestione di associazioni sportive, con un contratto che garantisca l’utilizzo sociale del bene. Ma ci sono molti altri beni comunali che oggi non fruttano nulla, né sono adeguatamente utilizzati, come la Casa del fascio e il padiglione Bianchi della Maddalena”.

Ci sono altri problemi sul fronte delle entrate su cui intervenire?

“Una seria minaccia è rappresentata dal fatto che il Comune riscuote una percentuale molto bassa delle proprie entrate. Bisogna avviare progetti innovativi per il recupero della capacità di riscossione. È chiaro che non si tratta di imporre nuovi tributi, ma di far pagare chi oggi non paga, creando anche opportunità di lavoro in questo settore”.

Cosa propone per quanto riguarda la gestione dei servizi fondamentali?

“Sono convinto che si può razionalizzare molto, destinando quello che si risparmia al miglioramento della qualità dei servizi per i cittadini e alla riduzione delle tariffe. L’igiene urbana ne è un esempio. Perché non pensare di abbattere i costi per i cittadini smaltendo la percentuale umida dei rifiuti in impianti di compostaggio localizzati sul territorio comunale? Si potrebbero anche creare nuovi posti di lavoro ad Aversa”.

Lei è considerato un esperto di finanziamenti europei e la persona che ha portato ad Aversa il programma Urban, quando era assessore della Giunta Golia. Crede che questa opportunità sia oggi adeguatamente sfruttata?

“Assolutamente no ed è questa un’altra grande sfida della prossima amministrazione. Bisogna sapere, però, che l’Europa premia la qualità progettuale e chi è capace di programmare. Insomma, Aversa deve avere una programmazione che delinei un’identità futura da perseguire. Ho parlato spesso in questi mesi di Città del secondo millennio. I singoli progetti devono inserirsi come pezzi di un mosaico di questa nuova identità ricercata, che faccia da traino allo sviluppo”.

Può aiutarci a comprendere questo concetto?

“Se Aversa deve essere Città della Musica, come io fermamente credo, allora occorre che le iniziative in campo culturale convergano verso questo obiettivo. Non solo. Occorre che le iniziative abbiano il carattere della stabilità e una qualità di livello internazionale. Insomma, basta col provincialismo culturale e clientelare. Solo così si può convincere l’Europa a investire sul nostro futuro”.

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