Il futuro di Aversa immaginato 10 anni fa da Pina Ciarma è realtà…

di Antonio Arduino

Aversa – Quello che proponiamo è un reperto storico-culturale straordinario, essendo a firma del fondatore di Aversa Rainulfo Drengot. Straordinario, se fosse autentico. In realtà, è l’opera di fantasia dell’architetto aversano Pina Ciarma, realizzata una decina di anni fa. Nata dall’osservazione delle condizioni in cui versava all’epoca la città, Ciarma intendeva offrirla ai lettori dei periodici cittadini.

Poi, sperando di essere stata esageratamente pessimista e sperando in un futuro in ripresa, capace di ribaltare quanto vedeva, l’aveva riposta in un cassetto. Ma, accortasi che oggi la sua “riflessione” è ancora più attuale, ce la propone ed è amaro ammettere che forse ha ragione nel dire che se Rainulfo avesse immaginato come gli aversani avrebbero ridotto la città che stava fondando, forse e sottolineo forse avrebbe scelto di rinunciare e tornarsene a casa.

“Il futuro di Aversa” di Rainulfo il Drengot

Misser l’Araldo,

ch’ogni die sii artefice

di papier nero e blanco,

rimani at udire testé ciò ch’j’ ,

Rainulfo  il  Drengot,

ave at ammonire.

Certus est che  alor ch’j’ me feci

condottiero et hebbi,

in honore e per gloriosa fama

de le mie prodezze e valorose virtudi,

lo  tenimento di Averzae,

niuna contentezza n’hebbi a l’animo mio,

poi che visura hebbi e de la terra

e de le genti avute:

paludosa l’una, molli l’altre.

Avverso da la Fortuna,

mi volsi a pensar quale cosa

de le dua j’ amassi più facere:

sive  tornare a li normanni lidi

et lassiare Liburia ne la sua malora,

seu  combattere anco esta pugnìa

ergo accomodare esse robe addosso a me

et a li mea servi  fideli.

Sine dubio alcuno j’ dixi a que’ mea jovini:

”Pigliate l’arme valenti e venite meco;

obedite quanto vi dico e non pensate  altro,

perch’j’ voglio comparire ne li saecula!

Novi  disegni feci.

Sicondo lo meo intento,

qui sarà nostra dimora ne l’arme e,

sicondo le bellizze de l’arte,

qui sarà nostra fama ne le future genti.

Ite adunque!”

Et j’ me diedi a construire una contade,

sortita (tu lo savvi) solida e dotta assai,

e li mea jovini volsero a popularla

di blondi crini et glauche pupille.

Di poi,  passati multi saecula,

vegg’ora come l’opra mea

e lo seme audace de li mea jovini

nullo frutto produsser.

Com’è gli posse che sì tanto dire

de’ vostri Signori Duci de la Contade

ducat a sì miserrimo  fare?

Cotanta istranezza figura

in sì fatto gubernare che

taluno brancola ne le tenebre

e tal altro ne le istesse branca!

Essi  fannomi innumeri belle lustre,

ma, s’j’ fossi vivo,

al veder la mea opra sì mortificata,

verrebbemi un flusso sì grande di corpo

da condurmi  lesto a la morte.

Di questo vi  fo’ presente,

j’ Rainulfo,

acciocché con maggior coraggio voi lo possiate dire:

“Li omini dabbene fanno le cose dabbene

e quei di malaffare fanno solo affari”

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