Aversa – Quello che proponiamo è un reperto storico-culturale straordinario, essendo a firma del fondatore di Aversa Rainulfo Drengot. Straordinario, se fosse autentico. In realtà, è l’opera di fantasia dell’architetto aversano Pina Ciarma, realizzata una decina di anni fa. Nata dall’osservazione delle condizioni in cui versava all’epoca la città, Ciarma intendeva offrirla ai lettori dei periodici cittadini.
Poi, sperando di essere stata esageratamente pessimista e sperando in un futuro in ripresa, capace di ribaltare quanto vedeva, l’aveva riposta in un cassetto. Ma, accortasi che oggi la sua “riflessione” è ancora più attuale, ce la propone ed è amaro ammettere che forse ha ragione nel dire che se Rainulfo avesse immaginato come gli aversani avrebbero ridotto la città che stava fondando, forse e sottolineo forse avrebbe scelto di rinunciare e tornarsene a casa.
“Il futuro di Aversa” di Rainulfo il Drengot
Misser l’Araldo,
ch’ogni die sii artefice
di papier nero e blanco,
rimani at udire testé ciò ch’j’ ,
Rainulfo il Drengot,
ave at ammonire.
Certus est che alor ch’j’ me feci
condottiero et hebbi,
in honore e per gloriosa fama
de le mie prodezze e valorose virtudi,
lo tenimento di Averzae,
niuna contentezza n’hebbi a l’animo mio,
poi che visura hebbi e de la terra
e de le genti avute:
paludosa l’una, molli l’altre.
Avverso da la Fortuna,
mi volsi a pensar quale cosa
de le dua j’ amassi più facere:
sive tornare a li normanni lidi
et lassiare Liburia ne la sua malora,
seu combattere anco esta pugnìa
ergo accomodare esse robe addosso a me
et a li mea servi fideli.
Sine dubio alcuno j’ dixi a que’ mea jovini:
”Pigliate l’arme valenti e venite meco;
obedite quanto vi dico e non pensate altro,
perch’j’ voglio comparire ne li saecula!
Novi disegni feci.
Sicondo lo meo intento,
qui sarà nostra dimora ne l’arme e,
sicondo le bellizze de l’arte,
qui sarà nostra fama ne le future genti.
Ite adunque!”
Et j’ me diedi a construire una contade,
sortita (tu lo savvi) solida e dotta assai,
e li mea jovini volsero a popularla
di blondi crini et glauche pupille.
Di poi, passati multi saecula,
vegg’ora come l’opra mea
e lo seme audace de li mea jovini
nullo frutto produsser.
Com’è gli posse che sì tanto dire
de’ vostri Signori Duci de la Contade
ducat a sì miserrimo fare?
Cotanta istranezza figura
in sì fatto gubernare che
taluno brancola ne le tenebre
e tal altro ne le istesse branca!
Essi fannomi innumeri belle lustre,
ma, s’j’ fossi vivo,
al veder la mea opra sì mortificata,
verrebbemi un flusso sì grande di corpo
da condurmi lesto a la morte.
Di questo vi fo’ presente,
j’ Rainulfo,
acciocché con maggior coraggio voi lo possiate dire:
“Li omini dabbene fanno le cose dabbene
e quei di malaffare fanno solo affari”