Alcamo, “comitato d’affari” al Comune: arrestato ex vicesindaco Perricone

di Redazione

Alcamo (Trapani) – Decine di finanzieri del comando provinciale di Trapani hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei componenti di un’associazione per delinquere responsabile di numerosi reati contro il patrimonio e contro la pubblica amministrazione.

Il provvedimento, che ha disposto la custodia in carcere per 4 persone, gli arresti domiciliari per due e un divieto di esercizio di attività professionale3, nonché il sequestro di beni e disponibilità finanziarie, rappresenta l’epilogo di una lunga e delicata attività d’indagine svolta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Trapani e dalla Tenenza di Alcamo, scaturita dal fallimento di una società (la Nettuno, società consortile arl) incaricata dei lavori di riqualificazione del porto di Castellammare del Golfo.

Le investigazioni dirette da questa Procura della Repubblica hanno in primis svelato la natura “fraudolenta” di quella bancarotta che ha provocato una distrazione di somme per circa 4 milioni di euro e successivamente hanno fatto luce sulla figura di Pasquale Perricone, quale amministratore occulto della predetta società fallita, così come anche della “Cea Soc. Coop.”, società aggiudicataria dell’appalto, unitamente alla Co.Ve.Co Srl (società già nota alla cronaca per la vicenda del Mose di Venezia).

Perricone, pur non figurando ufficialmente nella compagtviine di alcuna delle predette società, si è posto quale regista di quella scellerata operazione imprenditoriale, voluta e pianificata sin dall’inizio con il preciso scopo di appropriarsi e disperdere in mille rivoli non tracciabili le ingenti risorse di denaro pubblico affluite nelle casse della “C.e.a. Soc. coop” e destinate alla realizzazione della citata opera pubblica.

Le indagini hanno inoltre fornito uno spaccato criminale particolarmente allarmante che ha disvelato non solo le logiche ed i soggetti che in concreto hanno organizzato e pilotato il lucroso “affare” dei lavori nel porto di Castellammare del Golfo ma anche l’esistenza nella realtà alcamese di un gruppo ristretto di persone che nel settore imprenditoriale ha operato e opera in modo spregiudicato ed in totale violazione della legge, nel tentativo di accaparrarsi appalti e finanziamenti comunitari.

Più precisamente è stata messa in luce l’esistenza di un vero e proprio “comitato di affari” suscettibile di influire prepotentemente sulla gestione politica ed amministrativa del Comune di Alcamo (soprattutto nella assegnazione degli appalti pubblici) e che, come effetto della sua capacità di penetrazione nel tessuto socio economico di quella collettività, ha esteso il suo condizionamento tentacolare anche ad un altro fondamentale centro di potere locale, rappresentato dalla Banca di Credito Cooperativo “Don Rizzo” (determinandone nel 2014 le nomine del CdA e influenzandone le scelte).

E tra i personaggi di spicco del citato “comitato d’affari” vi è proprio Pasquale Perricone, imprenditore edile e già vicesindaco del Comune di Alcamo. Perricone – già negli anni passati – risultava essere stato additato da alcuni collaboratori di giustizia come contiguo alla locale famiglia mafiosa dei Melodia di Alcamo. In ragione della propria pregressa storia personale, infatti, questi sembrerebbe essere stato, per un determinato periodo, “uomo di riferimento” della famiglia mafiosa nel campo imprenditoriale ed all’interno dell’Amministrazione comunale di Alcamo.

In verità, anche nella presente indagine sono emersi numerosi elementi indiziari che tuttora lascerebbero presumere che Perricone nella propria ascesa imprenditoriale e politica si sia consapevolmente avvantaggiato del beneplacito della famiglia mafiosa dei “Melodia”. Tra i reati contestati a Perricone anche quello di aver lucrato sui fondi stanziati per la “formazione professionale” mediante la creazione di una fitta rete di società (tutte intestate a prestanome ma di fatto a lui riconducibili) responsabili di aver simulato l’organizzazione di numerosi corsi professionali “fantasma” al duplice fine di ottenere illecitamente ingenti finanziamenti pubblici e allo stesso tempo assegnare posti di lavoro in cambio di favori o altre utilità.

Ed è proprio in tale ultimo contesto che è emerso in modo evidente il forte potere corruttivo in capo a Perricone, il quale, promettendo posti di lavoro o incarichi professionali all’interno delle società da lui gestite, era riuscito a corrompere un funzionario direttivo del Centro per l’Impiego di Alcamo, Emanuele Asta (destinatario di ordinanza in carcere) in cambio della disponibilità di quest’ultimo ad attestare falsamente la regolarità dei corsi fantasma, preannunciando la data e l’ora delle ispezioni “a sorpresa”.

Complessivamente sono 32 le persone coinvolte nelle indagini per reati che vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione aggravata, bancarotta fraudolenta, abuso d’ufficio, intestazione fittizia di beni fino alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

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