Alta tensione in Brasile dopo il via libera, da parte del Senato, all’impeachment per Dilma Rousseff. In strada si sono accesi scontri si sono accesi tra i sostenitori della presidente brasiliana e la polizia davanti al Senato durante il dibattito in aula.
Gli agenti hanno usato spray al peperoncino per respingere i manifestanti, in maggioranza gruppi femministi, che hanno lanciato petardi contro le forze dell’ordine. I soccorritori hanno dovuto allontanare diverse persone colpite dalla nuvola di spray irritante. Un muro eretto al centro del prato davanti al Senato divideva i manifestanti dei fronti opposti. Dalla parte di quelli favorevoli all’impeachment si respira un’aria carnevalesca, con maschere e dimostranti che sorseggiano birra vestiti con le maglie calcistiche del Brasile.
In Senato, prima della votazione, l’esponente del partito comunista Vanessa Grazziontin aveva espresso preoccupazione per quella che ha definito una spirale di “violenza non necessaria” diretta contro i dimostranti a favore della Rousseff.
In precedenza si era assistito al clamoroso annullamento del voto sull’impeachment della Camera, per irregolarità procedurali, seguito dall’altrettanto clamorosa marcia indietro da parte del nuovo presidente della Camera, Waldir Maranhao.
Maranhao è, infatti, succeduto alcuni giorni fa a Eduardo Cunha, ex alleato e oggi principale nemico politico di Dilma insieme al vicepresidente Michel Temer, l’uomo che avrebbe tutto da guadagnare da un eventuale impeachment. Cunha è stato infatti sospeso a sua volta perché indagato nello scandalo Petrobras, che vede coinvolti tutti i principali esponenti politici brasiliani – compreso lo stesso Temer, sebbene non ancora ufficialmente indagato – ad eccezione di Dilma.
Maranhao fa parte del (conservatore, nonostante la denominazione) Partito Progressista, ma ha forti legami con il governatore del suo stato, il comunista Flavio Dino; questi è contrario all’impeachment di Dilma e potrebbe aver avuto un ruolo nella decisione assunta lunedì scorso dal presidente della Camera di annullare il voto del 15 aprile per “numerose irregolarità” procedurali.
L’immediata minaccia di espulsione da parte del suo partito e una campagna di stampa lanciata dai quotidiani vicini all’opposizione ha tuttavia immediatamente convinto Maranhao a fare dietrofront, con un succinto comunicato di quattro righe in cui ha annunciato la revoca della precedente decisione.
Rousseff è accusata dall’opposizione di aver falsificato i bilanci dello Stato allo scopo di mascherare la recessione del Paese nel corso della campagna elettorale per la sua rielezione del 2014: il presidente ribatte di non aver violato alcuna legge e dunque ritiene la procedura di impeachment illegittima, accusando la destra di voler conquistare il potere senza passare dalle urne.
Secondo i sondaggi il 60% dei brasiliani ritiene tuttavia che la crisi politica si risolverebbe con le contemporanee dimissioni della presidente e del suo vice Temer; tuttavia per tornare alle urne serve il voto dei tre quinti di ciascuna Camera, obiettivo attualmente impossibile da raggiungere per il Partito dei lavoratori della presidente, anche perché lo scioglimento del Parlamento non sembra uno scenario condiviso da tutti gli alleati di governo.