Sale giochi e scommesse, 11 arresti nel Casertano contro clan Zagaria

di Redazione

Caserta – Operazione “Zenit” contro il monopolio di sale giochi, centri scommesse ed internet point detenuto, in alcuni comuni del casertano, da un gruppo del clan dei casalesi riconducibile al boss detenuto Michele Zagaria.

E’ quella compiuta, all’alba di mercoledì, dai carabinieri del Ros di Napoli e Caserta che, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, richiesta dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno tratto in arresto 11 persone per associazione mafiosa, estorsione, gestione illecita del gioco d’azzardo on line e raccolta illegale di scommesse su eventi sportivi.

Dalle indagini è emerso, tra l’altro, che il sodalizio criminale imponeva e distribuiva sul territorio slot machine illecitamente modificate. Documentate, inoltre, numerose estorsioni a danno di imprese ed attività commerciali. Coinvolti anche dei funzionari di banca compiacenti che favorivano il riciclaggio dei proventi a prestanome del clan.

Tra gli arrestati gli unici in libertà erano Angelo Bamundo, 54 anni, di San Marcellino, Paolo Natale, 35 anni, di Cancello Arnone, e Armando Zara, 46 anni, di Casapesenna, finito ai domiciliari. Già detenuti gli altri indagati: Carlo Bianco, 32 anni; Ulderico Ciccarelli, 40 anni, di San Cipriano; Michele Fontana, 46 anni, di Casapesenna; Michele Fontana, 45 anni, di Casapesenna; i fratelli Giovanni Garofalo, 43 anni, e Giuseppe Garofalo, 44 anni, di San Cipriano; Francesco Perna, 41; Tommaso Tirozzi, 38.

Bamundo “collettore” tra clan e banche – Le indagini hanno delineato un contesto associativo formato da Angelo Bamundo, Ulderico Ciccarelli, Michele Fontana (1970), Paolo Natale, Francesco Perna e Armando Zara, considerato riconducibile al clan Zagaria. Bamundo è ritenuto il collettore fra il clan e alcuni funzionari di banca, la cui compiacenza ha permesso di movimentare ingenti somme di denaro su conti correnti intestati o riconducibili a diversi soggetti espressione dei fratelli Garofalo.

I funzionari di banca – Identificati, tra l’altro, quei dirigenti, funzionari e impiegati di istituti di credito “che – scrive il procuratore aggiunto di Napoli Francesco Greco – a conoscenza dell’apporto causale del proprio operato e strumentalizzando il loro ruolo di funzionari di diversi istituti di credito hanno, nel tempo, agevolato la commissione del delitto di riciclaggio aprendo e gestendo linee di credito e conti correnti fittiziamente intestati a fiancheggiatori del clan”.

Il business dei fratelli Garofalo – E’ emerso, tra l’altro, il ruolo dei fratelli Garofalo, ritenuti a capo del gruppo di Casapesenna, nella monopolistica gestione di internet point, sale giochi, bar e centri scommesse, oltre che nell’esclusiva distribuzione e gestione di slot machine. Tali attività, praticate all’interno di locali appositamente adibiti e fittiziamente intesati a prestanome, o presso numerosi esercizi commerciali attivi nei territori assoggettati al controllo camorristico, sono state comunque realizzate, secondo gli inquirenti, attraverso l’installazione di apparecchi abilmente modificati, assolutamente privi di nullaosta o con nullaosta falsificato.

Il gruppo armato e le estorsioni – In seno al gruppo criminale c’era anche una fazione armata, costituita da Paolo Natale, Francesco Perna e Tommaso Tirozzi che, spiegano gli investigatori, “sotto la direzione di Giovanni Garofalo, Carlo Bianco e Attilio Pellegrino (ora collaboratore di giustizia, ndr.), avvalendosi della forza intimidatrice del clan e per sostenerlo economicamente, hanno posto in essere estorsioni a danno di commercianti e imprenditori.

Sequestro di beni – I carabinieri hanno eseguito anche un provvedimento di sequestro preventivo di beni mobili e immobili, riferibili agli indagati o a loro prestanome, per un valore di 4 milioni di euro.

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