La Commissione Ue dà il via libera per l’Italia ad una flessibilità pari all’0,85% per il 2016, ma ricorda che il Paese, come prevedono le regole, dovrebbe fare uno sforzo superiore allo 0,5% nel 2017 e 2018. Secondo quanto emerso da fonti Ue, nella lettera inviata da Bruxelles a Roma, inoltre, si chiede all’Italia di impegnarsi ad evitare una deviazione significativa da questo obiettivo, da verificare in autunno.
Nella lettera, la Commissione si mostra, dunque, pronta a concedere tutta la flessibilità di bilancio richiesta e motivata dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, pari a 0,85 punti percentuali di Pil (14 miliardi di euro), ma a condizione che il governo si impegni a mantenere il rapporto deficit/Pil del 2017 all’1,8%, con una correzione di 0,1 punti percentuali rispetto al dato dell’1,9% atteso dall’esecutivo comunitario nelle sue previsioni economiche d’autunno.
La Commissione rimarca che si tratta di una flessibilità che non ha precedenti con nessun altro Paese. Inoltre, Bruxelles chiede all’Italia di mantenere la clausola di salvaguardia, ovvero l’aumento dell’Iva, che il governo aveva predisposto come garanzia in caso di necessità per mantenere gli obiettivi di bilancio, ma che poi ha annunciato di non volere attuare.
Nella lettera – inviata dal vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis e dal commissario agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici, al ministro dell’economia Pier Carlo Padoan – vengono confermate le cifre che girano già da tempo riguardo alla quantificazione dei diversi elementi della flessibilità concessa: 0,5 punti percentuali di Pil per le riforme strutturali fatte dall’Italia e considerate convincenti, 0,25 punti per gli investimenti produttivi, e il resto per tenere conto dei costi della crisi migratoria (0,04%) e del giro di vite nella sicurezza (0,06%).
La decisione di mantenere in agenda per la riunione del collegio dei commissari di mercoledì le “pagelle” sui bilanci degli Stati membri non è ancora sicura, perché oltre al caso dell’Italia, che appare ormai poco controverso, ci sono due altri paesi che hanno una situazione molto più delicata, ciò che potrebbe indurre i capi di gabinetto a un rinvio. Si tratta di Spagna e Portogallo, che non sono riusciti a ridurre al fatidico 3% il proprio deficit-Pil e sono dunque in situazione di palese infrazione rispetto alle regole del Patto di Stabilità, al punto che la Commissione potrebbe prospettare per loro, teoricamente, la richiesta di sanzioni finanziarie fino allo 0,2% del loro Pil.