Aversa – Con il ballottaggio è partito il “mercato delle vacche”. Un sistema politico ben noto e collaudato dagli aversani che nel 1993 dimostrarono come una vittoria quasi schiacciante al primo turno si possa trasformare in sonora sconfitta al ballottaggio. Allora toccò a Vincenzo Prisco, colonnello della Marina, esponente della società civile, chiamato dai politici aversani a rappresentare la destra, individuata nella Democrazia Cristiana.
Dopo aver sfiorato la vittoria al primo turno con il 46 per cento dei consensi contro il 24,3 per cento di Raffaele Ferrara, sostenuto dal Pds, Rete e Movimenti di sinistra, Prisco al secondo turno fu doppiato da Ferrara grazie al cambio di casacca di un allora esponente del centrodestra che decise di passare nelle fila della sinistra.
Così vinse Raffaele Ferrara con il 66,8 per cento dei consensi contro il 33,2 per cento di Prisco e la città fu consegnata ad un sindaco sostenuto da una maggioranza consiliare tanto risicata che dopo pochi mesi si concluse l’esperienza amministrativa per mancata approvazione del bilancio.
Uno scenario che sembra destinato a ripetersi. Perché, rispettando il doppio fascismo di cui sono etichettati gli aversani per la presenza dell’orologio a doppia faccia visibile sull’arco di Porta Napoli, i componenti della coalizione di centrodestra – definita “l’unica vera coalizione di centrodestra” da Gianpaolo Dello Vicario, candidato sindaco sostenuto al primo turno da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Balena Bianca – ciascuno per proprio conto stanno valutando la possibilità di passare dall’altra parte e sostenere Marco Villano, candidato del centrosinistra, per ottenere qualche “posto a tavola”, vale a dire qualche consigliere in più o magari qualche assessore.
Sembra proprio una “compravendita”, fatta pensando che gli elettori votino senza azionare minimamente il cervello. C’è solo da sperare che il concorrente “trombato” imiti anche il comportamento di Prisco che, candidatosi quale sindaco della città per cambiare il volto di Aversa, preferì, probabilmente “schifato”, non occupare uno scranno da consigliere di opposizione e restarsene a casa continuando la vita di prima.