Elezioni Aversa, Ferrara: “Una nuova classe dirigente improvvisata e inesperta”

di Nicola Rosselli

Aversa – Con l’approssimarsi della scadenza elettorale abbiamo ascoltato quello che consideriamo la coscienza critica dell’aversano, Lello Ferrara, due volte sindaco della città, in relazione all’attuale situazione politica in vista del voto del 5 giugno.

“La questione Aversa – esordisce l’ex primo cittadino – è tutta dentro la questione nazionale. Una classe dirigente senza storia si propone. Senza storia politica personale. Si improvvisa, priva di esperienza. Come se l’inesperienza fosse una virtù e non un limite, una zavorra. Gli ultimi 25 anni (un quarto di secolo) hanno svuotato il Paese, la sua cultura, in generale, e la cultura politica in particolare. Quindi, la conseguenza diretta è lo svuotamento della democrazia”.

Si spieghi meglio, entriamo nel concreto. 

“Diciamo da tempo che l’anima, il cuore, il sale della democrazia sono il conflitto, la dialettica, la diversità di opzioni e di progetti. Come hai scritto spesso tu, ultimamente, oggi invece prevale l’indistinto. Ad Aversa tutti hanno incontrato e parlato con tutti. Tutti, quindi, potevano andare con tutti. Tutti si sono candidati a prescindere, al punto che qualcuno si è trovato candidato (l’hanno dichiarato pubblicamente, addirittura con conferenze stampe convocate all’uopo) in liste diverse da quella a cui avevano aderito, o, addirittura ancora, con il candidato sindaco diverso da quello con cui avevano accettato di candidarsi. Tranne, poi, rimanere comunque candidati. Neanche queste cose hanno scosso qualcuno o qualcosa, come se anche i continui scandali e le continue inchieste su questa classe politica fossero diventate normali, fisiologiche. Ed allora per chi e per cosa bisognerebbe votare il 5 Giugno?”.

Analizziamo le coalizioni…

“Tutte le liste e le improbabili e ballerine coalizioni si sono divise pezzi della maggioranza che ha sciolto il Consiglio Comunale. Addirittura in alcune liste si sono ritrovati insieme coloro che hanno sfiduciato il precedente sindaco e quelli che l’hanno sostenuto fino all’ultimo, per cui chiunque vinca, non una maggioranza diversa tornerà ad amministrare la città. E con prospettive di governo pari a zero”.

Chi si dovrebbe votare a suo avviso?

“Una volta si sarebbe votato il meno peggio. Oggi ci viene negato anche questo. In giro senti parlare solo di chi vince e chi perde, come se si trattasse di una partita di pallone. Naturalmente non parlo del M5S, che, dal mio punto di vista, è esso stesso figlio e prodotto della crisi della democrazia: finché vale, ci si limita a prendersela con tutti, senza azzardare mai un minimo di analisi critica e di proposta politica di un diverso assetto sociale e di sistema. E’ evidente che ciò comporterebbe una visione diversa, contrapposta all’attuale, sull’economia, sull’ambiente, sul governo del territorio, sulla questione urbana e sulle periferie, sul funzionamento della democrazia stessa. Come è evidente che lo stato delle cose comporta uno svuotamento del senso stesso del voto, dimostrato dall’astensionismo di massa e dal disinteresse per la sfera pubblica.

C’è una soluzione? 

“Bisognerebbe ripartire da veri e propri seminari per la formazione politica, storica e culturale dei quadri dirigenti. Bisognerebbe studiare. Riprendere con forza un progetto che desse nuovo senso all’impegno pubblico, dove si ricominciasse a parlare di classi e di interessi generali. Sembra quasi che in questo paese tali temi siano diventati scandalosi, mentre le imprese ed i poteri economici e finanziari dettano legge. Bisognerebbe trovare la forza di voler rivendicare la rappresentanza della parte sociale più penalizzata dall’attuale distribuzione di ricchezze e di reddito e dall’attuale divisione internazionale del lavoro. In questo senso bisogna impegnarsi, a partire dalla difesa nei prossimi referendum della Costituzione Repubblicana, che una classe politica inadeguata ha preteso di manomettere, senza aver neppure la cultura della necessità dei pesi e contrappesi in democrazia, sbilanciando totalmente il potere a favore dell’esecutivo. Ecco, penso che da qui si potrebbe ripartire, in quanto il principio di rappresentanza parlamentare, dell’autonomia del legislativo dall’esecutivo, sia il minimo spazio che possa garantire la giusta dialettica tra gli interessi diversi e contrapposti presenti nelle società moderne. In definitiva, non si può evitare di leggere la ‘crisi aversana’ dentro la più generale crisi della politica”.

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