Bari – I finanzieri del comando provinciale Bari e del Servizio centrale investigazioni criminalità organizzata di Roma hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 41 persone (35 in carcere e sei ai domiciliari) ed il sequestro preventivo, preordinato alla confisca per “sproporzione”, di beni, denaro ed altre utilità nella disponibilità, diretta ed indiretta, degli indagati per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro.
Le misure cautelari personali, disposte dal gip di Bari, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, traggono origine dalle indagini svolte nello specifico dai militari del Gico di Bari e dello Scico nei confronti di appartenenti al noto clan Misceo/Telegrafo, sodalizio criminale egemone nel quartiere San Paolo di Bari, con ramificazioni in alcuni paesi dell’hinterland di Bari.
Le investigazioni hanno evidenziato come Giuseppe Misceo, detto “fantasma”, e Arcangelo Telegrafo, detto “Angioletto”, avessero costituito un’articolata associazione a delinquere, di stampo mafioso, dedita all’usura, all’estorsione ed al traffico di sostanze stupefacenti, la stessa si è avvalsa anche dell’uso delle armi, compiendo omicidi e vari tentati omicidi, per imporre la propria egemonia sul territorio di competenza, costituito dal quartiere San Paolo di Bari e da alcuni comuni della provincia di Bari, quali Noicattaro e Palo del Colle.
E’ stato acclarato come la popolazione fosse stata completamente soggiogata dalla forza di intimidazione del clan Misceo-Telegrafo. Le indagini, dirette da questa Procura, si sono sviluppate in una complessa ed articolata azione investigativa, con l’ausilio di intercettazioni telefoniche, ambientali, appostamenti e pedinamenti, che ha permesso di ricostruire, per il gruppo criminale, la genesi, lo sviluppo, l’imposizione sul territorio, le modalità di organizzazione e le regole e i rapporti tra i compartecipi. Sono stati pertanto individuati i soggetti a capo del clan mafioso e i soggetti strettamente a loro legati, nonché si è ricostruita tutta l’organizzazione che a partire dal 2012 ha posto in essere tutta una serie di reati aggravati dal metodo mafioso.
Sin dall’inizio delle investigazioni, con il capo del clan Misceo, limitato in carcere, sono emerse le posizioni di Telegrafo e Umberto Fraddosio, detto “Cimino”, quali veri e propri reggenti del clan. I due soggetti, pur sempre assecondando le direttive impartite dal carcere dal “fantasma”, dirigevano il gruppo criminale che era dedito ad una molteplicità di attività illecite tra cui spicca l’usura ai danni di soggetti, privati ed imprenditori, nei confronti dei quali erano adottati anche metodi cruenti per ottenere il pagamento degli interessi o delle somme estorte, inoltre i vari affiliati, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo, tipico della criminalità mafiosa, costringevano numerosi imprenditori edili, operanti nelle zone di influenza del clan, a corrispondere somme di denaro, con cadenza periodica.
Altra attività fiorente del clan era il traffico di sostanze stupefacenti e il loro spaccio al minuto operato da una fitta rete di piccoli pusher dislocati in posizioni strategiche dei territori di competenza del clan sia nel Quartiere San Paolo che in Palo del Cole e Noicattaro.
L’attività investigativa ha inoltre fatto luce su alcuni fatti di sangue, che hanno interessato Bari e provincia a partire dagli ultimi mesi del 2013, e fino ai primi del 2014, che poi sono sfociati nell’omicidio di Donato Sifanno, avvenuto nel quartiere San Paolo di Bari, nel febbraio del 2014. A più riprese, grazie alle indagini condotte, i finanzieri sono riusciti ad evitare escalation di faide interne ed esterne sottraendo al clan armi e munizioni che sarebbero serviti per agguati o per azioni intimidatorie dirette a consolidare l’autorità del clan soprattutto nel quartiere San Paolo di Bari, territorio di conquista dove storicamente si sono verificate diverse contese tra le varie famiglie criminali egemoni sul territorio barese.
Ma le indagini sono state anche rivolte alla mirata finalità di sottrarre agli indagati le disponibilità economiche e finanziarie illecitamente accumulati nel tempo dagli indagati e frutto della loro attività criminale. Infatti, come accertato dalle Fiamme Gialle, esiste una notevole sproporzione tra tali disponibilità e la capacità economica effettivamente ed ufficialmente dichiarata. Per tale ragione, insieme all’ordinanza di custodia cautelare, i finanzieri hanno notificato agli indagati decreti di sequestro patrimoniale, sottoponendo a vincolo cautelare quote societarie di tre aziende, quattro autovetture, un autocarro, un motoveicolo, nove immobili (tra cui sette abitazioni e due locali commerciali), un compendio aziendale e svariate polizze assicurative.
In alto il video con alcune fasi dell’operazione. Clicca qui per ascoltare l’intercettazione telefonica di Telegrafo