Gorizia – Corruzione, turbativa d’asta e truffa aggravata a danno dello Stato sono i reati accertati al termine di un’articolata attività investigativa coordinata dal Procuratore della Repubblica Aggiunto di Udine, Raffaele Tito, nei confronti di un dirigente già in servizio presso la Direzione Regionale dell’Agenzia del Demanio di Udine, e di sei imprenditori, quattro cittadini italiani e due fratelli di nazionalità romena.
L’indagine ha preso avvio grazie all’acume investigativo di alcuni finanzieri del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Gorizia i quali, dopo aver concluso l’operazione “BUNKER”, che aveva già visto indagato il dirigente pubblico e tre imprenditori del centro Italia, per i reati di truffa aggravata e turbativa d’asta, in relazione ai lavori di messa in sicurezza/bonifica di alcune opere di fortificazione permanente, realizzate per scopi difensivi nel periodo post-bellico a ridosso della linea di confine, hanno rilevato l’esistenza di altri rapporti intercorsi tra l’Agenzia del Demanio del Friuli Venezia Giulia ed una delle società già oggetto d’indagine ed operante nel settore del recupero di materiale ferroso.
Infatti, grazie anche alla piena e totale collaborazione fornita dai vertici dell’Agenzia del Demanio, i militari del Nucleo di polizia tributaria coordinati dal dottor Tito hanno fatto emergere l’esistenza di una vera e propria corsia preferenziale, che l’allora direttore regionale aveva riservato a pochi imprenditori saldamente legati tra loro, i quali riuscivano sempre ad aggiudicarsi le varie gare indette per l’alienazione di materiale metallico posto fuori uso da varie amministrazioni dello Stato.
In sintesi, con una serie di accorgimenti, l’ex dirigente – oggi non più dipendente pubblico in quanto licenziato con provvedimento del Direttore Generale del Demanio – finanche scritturando di proprio pugno l’offerta vincente dopo aver illegalmente visionato le offerte degli altri ignari partecipanti, pilotava le varie gare da lui stesso indette e seguite in ogni loro aspetto.
Sono numerose le licitazioni irregolari individuate nel corso delle indagini tra cui, oltre alla cessione di svariate tonnellate di ferro a prezzi di assoluto favore, aggiudicate sempre ai soliti imprenditori, vi è anche l’acquisto dell’ex osservatorio geofisico di Trieste e lo smantellamento del magazzino 74, già insistente all’interno del Molo VII del Porto di Trieste, entrambi indebitamente aggiudicati ad un imprenditore di Muggia. Turbata anche la gara per la locazione dell’ex polveriera di Monte di Mezzo di Sagrado e quella per il trasloco dei materiali dell’ex manifattura tabacchi di Gorizia.
Non solo, l’ex direttore regionale si è premurato di affidare incarichi diretti, per l’esecuzione di lavori di varia natura, ad una società della provincia di Pisa – già peraltro aggiudicataria di alcune gare – in evidente assenza di trasparenza e di rispetto delle basilari regole amministrative. Si contano in totale ben nove gare d’appalto turbate per oltre 700.000 euro e cinque indebiti affidamenti diretti per oltre 130.000 euro. In un caso, inoltre, analogamente a quanto già riscontrato nella precedente indagine, l’importo di aggiudicazione di una delle nove gare turbate (27.000 euro circa) non è stato incamerato dallo Stato poiché, con la complicità del funzionario del Demanio, sono state prodotte false attestazioni di avvenuto pagamento dell’importo di gara, di fatto mai effettuato.
Naturalmente gli investigatori hanno voluto capire il motivo di tanto “interessamento” da parte dell’ex dirigente pubblico che, pur rivestendo un ruolo apicale, si prodigava nel seguire personalmente le varie fasi di determinate licitazioni anche di scarso valore economico, e ciò in evidente conflitto con le funzioni proprie di un incarico di vertice.
Sono così emersi innumerevoli e ripetuti versamenti di denaro contante sui conti correnti dell’ex direttore che, davanti all’evidenza dei riscontri e del minuzioso lavoro investigativo svolto, ha ammesso di aver ricevuto in varie occasioni da due degli imprenditori indagati, in ragione del suo “aiuto”, somma di denaro che gli investigatori hanno ipotizzato essere pari a non meno di 50.000 euro. Eseguiti anche i sequestri per equivalente su alcune proprietà immobiliari e conti correnti bancari degli indagati.
Ora l’ex dirigente pubblico e i sei imprenditori, già raggiunti dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dal dottor Tito, dovranno a vario titolo rispondere davanti alla Giustizia delle ipotesi di corruzione, truffa aggravata a danno dello Stato e turbativa d’asta. I militari delle Fiamme Gialle di Gorizia avvieranno presto le indagini amministrative per determinare il corrispondente danno erariale.