Roma – Se oggi parliamo di “Europa unita” e “Europa sovrana”, se oggi in Italia circola una moneta condivisa con altri paesi dal nome idealista di “Euro”, lo si deve a Carlo Azeglio Ciampi, presidente emerito della Repubblica che ha guidato il paese per sette anni, in momenti delicatissimi della nostra storia politica.
Ciampi si spegne alla soglia dei 96 anni, dopo aver combattuto contro la malattia. Fu livornese e governatore di Bankitalia negli anni Ottanta, nonostante la sua formazione squisitamente umanistica, era fierissimo, infatti, della sua laurea in Lettere. Venne scelto dai partiti fuori dal Parlamento per l’incarico al Quirinale (come lui solo De Nicola). Prima del 1999, fu presidente del Consiglio nei tempi bui dello scandalo Tangentopoli. Guidò il nostro ingresso nella moneta unica europea.
“L’essere chiamato a rappresentare l’Italia, a essere garante della sua Costituzione, l’ho vissuto non solo come un altissimo mandato, ma soprattutto come un dovere, una missione. Per questo ho voluto abitare, con mia moglie, sin dal primo giorno, nel Quirinale: da sette anni è la mia casa, la casa del presidente della Repubblica, la casa degli italiani” queste furono le parole di “congedo” nell’ultimo messaggio di fine anno (31 dicembre 2015) dopo il settennato come Capo dello stato, iniziato con il giuramento davanti alle Camere il 18 maggio del 1999.
Uomo schivo, attento alle istituzioni, patriottico e allo stesso tempo europeista, Ciampi fronteggiò situazioni politiche gravissime: nel 1999, dopo gli esordi e la prima vittoria di Silvio Berlusconi, il premier è Massimo D’Alema, subentrato al primo governo Prodi durato appena 876 giorni e caduto per un solo voto. La Bicamerale è appena naufragata.
Già nel 1993, dinanzi a un parlamento in parte delegittimato da Tangentopoli e dalle necessità di un risanamento finanziario utile a stabilizzare la lira, Ciampi diventa presidente del Consiglio: per la prima volta nella storia della Repubblica, viene formato un governo presieduto da un non parlamentare. Assolutamente non casuale la scelta di un tecnico estraneo alla politica, noto per la sua moralità e intransigenza, governatore della Banca d’Italia, forse l’unica istituzione in quei momenti a mantenere intatta la credibilità.
Salutano il presidente emerito molte personalità di spicco del mondo politico. Renzi si rivolge all’uomo più che al politico e manda un abbraccio alla vedova Franca. Per Letta “Ciampi è stato uno dei padri del Paese. Se l’Italia è (ancora) un grande Paese la riconoscenza che dobbiamo a Ciampi è enorme”. Anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha ricordato Ciampi come “un esempio di coerenza, competenza e dignità “.
Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha invece affermato: “Sono profondamente rattristato dalla scomparsa di Carlo Azeglio Ciampi. L’Italia perde una personalità di grande statura morale e intellettuale, che ha messo la sua vita al servizio del Paese, con un altissimo senso delle istituzioni e una forte passione civile”. “Cordoglio, a nome mio e del gruppo Fi alla Camera, per scomparsa del presidente Carlo Azeglio Ciampi. Economista, politico, servitore dello Stato”, scrive su Twitter Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati. L’attuale capo dello Stato Sergio Mattarella lo ricorda come “Un grande italiano, la cui determinazione è diventata un motore trainante per l’intero paese”. Il leader leghista Salvini, invece, non trattiene la sua opinione neanche nel lutto: “Politicamente parlando Ciampi è uno dei traditori dell’Italia e degli italiani, come Napolitano, Prodi e Monti. Rispetto per la morte ma, come per Napolitano, lo considero uno da processare come traditore”
Nella sua lettera “A un giovane italiano” (2012), destinatario immaginario, Ciampi ha probabilmente lasciato il suo vero testamento umano, non quello di un politico, né quello di un intellettuale, quanto piuttosto di un uomo che era profondamente innamorato del suo paese.
“Ai vecchi, a noi, non si addice di vestire i panni dei maestri o di proporsi a modelli di vita; ché questi non sono prerogativa di una generazione. Essi rispecchiano sempre in varia misura il proprio tempo. La loro«esemplarità sta nei valori cui essi si conformano; sono i valori a-storici posti a fondamento dell’agire, pubblico e privato; sono i valori dell’onestà, della dignità, del rispetto di sé e degli altri, della solidarietà, delle virtù civili. Noi anziani avvertiamo piuttosto il dovere di testimoniare con sincerità e con umiltà le nostre esperienze, positive e negative, perché queste, insieme con quelle di chi ci ha preceduto e di chi è venuto subito dopo di noi, insieme con quelle che voi ventenni di oggi vi accingete a vivere, sono il lungo, ininterrotto racconto della vita di questo nostro amato Paese. Nel rivolgermi ai giovani che hanno un tratto lunghissimo di vita affettiva, professionale, civile da percorrere rammento loro che il destino entra prepotentemente nella vita di tutti noi, ma spetta poi solo a noi decidere, cogliere le occasioni che si presentano, trovare, anche in situazioni avverse, elementi per cercare di rendere migliore il nostro futuro, per dare significato alla nostra vicenda esistenziale. Del resto, gli antichi Greci ci ricordano che al Fato neanche gli dèi possono sottrarsi. Sono sempre stato convinto che sia necessario operare con spirito altruistico, avendo presente che il benessere personale, il successo professionale si valorizzano se si conseguono con e non contro quello degli altri. Il confronto deve stimolare a far meglio, a suscitare un sano spirito di emulazione, non a ottenere risultati a scapito degli altri. Una società più civile, più ricca, reca benefici a tutti i componenti; rafforza l’interesse a conservarla e a migliorarla
Mio giovane amico […] (questa lettera) È un modo per invitarti a non mollare; a non bloccarti, scoraggiato, di fronte alla dimensione dell’ostacolo che vedi frapporsi tra te e il tuo domani. Devi credermi, quasi mai gli ostacoli che ti si parano davanti sono impossibili da superare. Allo stesso modo devi persuaderti che non c’è un destino cinico e baro che si accanisce contro di te, o contro la tua generazione. Può avvenire, e avviene molto più spesso di quanto tu non creda, che l’esistenza umana, di singoli individui come di una generazione, sia segnata da eventi negativi, da circostanze avverse: la vita, abbiamo avuto occasione di ricordarlo, è res severa.
Ma tu, giovane amico, puoi farcela ad affrontare le difficoltà di cui ti so, fin d’ora, realisticamente consapevole. Se non ti spaventa l’impegno, se vorrai e saprai mobilitare e investire le tue risorse di intelligenza, di volontà, di coraggio, di forza morale, riuscirai a percorrere con soddisfazione la strada del futuro. Guarda avanti, perché non sfuggano alla tua attenzione sentieri nuovi, mai praticati; non aver paura di osare, devi sperimentare e sperimentarti. Per il resto, fai affidamento solo sulle tue forze, con umiltà, ma consapevole delle tue potenzialità. Non permettere alla rassegnazione di fermare i tuoi passi; non temere la possibilità di un insuccesso; non imboccare scorciatoie o vie traverse. Non sacrificare la tua dignità”.
Estratti del libro – lettera “A Un giovane italiano” di Carlo Azeglio Ciampi.