Gli 80 anni di Silvio Berlusconi: “Storia da sogno americano”

di Redazione

Estratto da “Una storia italiana” pubblicato nel 2001 da Forza Italia

Una storia da sogno americano, quella di Silvio Berlusconi. Una favola moderna che, come tutte le storie, rivela l’impegno, le incertezze, gli sforzi, il rischio, l’avvedutezza e la lungimiranza imprenditoriale di un uomo che, dal nulla, ha dato vita ad uno dei più importanti gruppi imprenditoriali d’Europa.

Le sue origini medio borghesi ne sono la prova. Non una famiglia di grandi possibilità e tantomeno un impero da conservare. All’inizio c’è solo un padre che investe tutta la sua liquidazione – il frutto di un’intera vita di lavoro – nella prima società del figlio dicendogli semplicemente “fanne buon uso. Però ricorda che questi risparmi non sono solo tuoi, sono anche dei tuoi fratelli. Quando sarà il momento giusto, ne dividerai il frutto con loro”. E Silvio ha mantenuto il suo impegno. Tutti i successi di Berlusconi sono la realizzazione di sfide che ai più sembravano impossibili.

“Sono un sognatore pragmatico – dice Berlusconi – altri fanno sogni che restano sogni, io cerco di trasformare i sogni in realtà”. Questa è la chiave fondamentale del successo di Berlusconi imprenditore, del fondatore di aziende, del creativo che ha saputo coltivare grandi progetti, accendere grandi speranze, lanciare grandi sfide, realizzare quelle che sembravano solo utopie.

“Ma nulla mi è stato facile – ammette Berlusconi – per arrivare, da figlio di un impiegato di banca, ho dovuto lavorare, lavorare e ancora lavorare. Mia madre mi ripete sempre: ‘È una condanna pesante la tua: non c’è niente di facile per te, devi conquistarti tutto con enorme fatica, con tanti sacrifici’. E io rispondo. È vero mamma, è così: sempre sangue, sudore e lacrime. Ma questa è l’unica ricetta che conosco. In tutte le attività in cui mi sono impegnato – continua Berlusconi – ho dimostrato che si può arrivare a risultati che possono apparire irraggiungibili. Occorre sapersi dare degli obiettivi ambiziosi, quasi delle missioni impossibili. E ci vuole del coraggio. Certo il traguardo non deve essere proibitivo. Bisogna essere obiettivi nella valutazione dei propri mezzi. Ci deve essere una grande umiltà nel lavoro quotidiano, costante, mirato. Ed è importante l’amicizia, l’unione del gruppo. Occorre infine una assoluta lealtà nei comportamenti di tutti verso tutti in ogni situazione”.

Con queste regole Silvio Berlusconi ha costruito un impero. Come recitano diligentemente le schede degli archivi giornalistici. Nel 1960 inizia l’attività nel settore dell’edilizia. Costruisce molte residenze a Milano e poi interi centri residenziali e commerciali diventando il primo operatore italiano del settore.

Dopo il Centro Edilnord realizza Milano 2, Milano 3 e il Girasole. Nel 1978 inaugura Telemilano, la televisione via cavo di Milano 2, che presto comincia a trasmettere su tutta la Lombardia. Nel 1980 fonda Canale 5, la prima rete televisiva privata nazionale, cui si aggiungono Italia 1 nel 1982 e Rete 4 nel 1984. Il successo conseguito in Italia gli consente di sviluppare varie iniziative, inserite, come tutte le altre società, nell’ambito della holding capogruppo Fininvest, fondata nel 1978. Diffonde così la televisione commerciale in Europa: in Francia La Cinq (1986), in Germania TelefOnf (1987), in Spagna Telecinco (1989). Nel 1989 entra nella Mondadori e diviene il principale editore italiano nel settore dei libri e dei periodici. Con la Medusa e con Cinema 5 diventa anche il primo produttore e distributore cinematografico italiano.

Il Gruppo Fininvest, con le società Mediolanum e Programma Italia, sviluppa anche una forte presenza nel settore delle assicurazioni e della vendita di prodotti finanziari. In breve, diventa il secondo gruppo privato italiano.

“Quando un imprenditore – spiega Berlusconi – entra in un settore nuovo, tutti i protagonisti di quel settore e i soliti soloni lo guardano con diffidenza e molti ne sorridono. Quando entrai nell’edilizia e intorno alle case costruivo, asili, scuole, chiese, impianti sportivi, centri di ricreazione e mi preoccupavo della qualità della vita degli abitanti e dell’ambiente che li circonda, mettendo a dimora alberi a centinaia, i vecchi costruttori fecero questa previsione: ‘quello lì non può durare, poverino fallirà! Perché non capisce che così non si guadagna, che non si devono viziare così gli acquirenti’. Quando entrai nella televisione tutti si misero a dire: ‘Ma come può uno che viene dall’edilizia darsi alla grande informazione pensando di reggere alla concorrenza della Mondadori, della Rizzoli, della Rusconi?’. E tutti si fecero delle gran risate.

Quando sono entrato nel calcio mi successe la stessa cosa. ‘Il calcio è un mondo difficile – dissero – sono in tanti a partire, ma vince una squadra sola. Uno che non ha esperienza, per vincere deve aspettare almeno dieci anni’. In tutti e tre i casi non è andata come i vecchi del mestiere avevano pronosticato.

Al contrario, entrando in settori legati a vecchie consuetudini, chi sa innovare, chi sa domandarsi perché si deve fare sempre nello stesso modo, può inventare nuove soluzioni e conseguire grandi risultati”. Silvio Berlusconi è sempre lo stesso: la sua capacità di accendere speranze e di saperle trasformare in fatti concreti, il suo talento nel creare e motivare squadre vincenti, il suo entusiasmo contagioso, la sua attitudine a non adeguarsi ma a resistere e a ribellarsi, sono rimaste anche oggi le stesse di allora.

La vera storia delle holding  “La costituzione delle holding proprietarie del Gruppo Fininvest che sono italiane, anzi italianissime, e che pagano all’Erario italiano fior di imposte, avvenne nel 1978, e non equivale affatto alla nascita del mio gruppo – dice Berlusconi -. Avevo vent’anni di attività imprenditoriale alle spalle che mi era valsa anche la nomina a Cavaliere del Lavoro come principale costruttore di centri commerciali e residenziali d’Italia. Il mio “cursus honorum” imprenditoriale vantava già la realizzazione di molte residenze in Milano città, del Centro Edilnord, di Milano 2 e stavo costruendo Milano 3. La decisione di costituire le holding fu consigliata a mio padre dai nostri consulenti di fiducia, il dottor Edoardo Piccitto e il dottor Armando Minna, titolari di uno dei più importanti studi professionali milanesi.

La nostra attività imprenditoriale cresceva e si differenziava in vari settori. Occorreva quindi pensare al futuro e prevedere una sistemazione delle questioni ereditarie per i figli, per i nipoti e per i diversi membri della famiglia. I versamenti per la costituzione del capitale furono effettuati per mezzo di assegni circolari e di conto corrente. Una società di revisione ha ricostruito tutte le operazioni. È quasi un miracolo perché, come si sa, e come previsto dalla legge, dopo dieci anni le banche usano mandare al macero le loro documentazioni cartacee.

Ma quei soldi non servirono a far nascere le televisioni. La televisione non assorbì liquidità, anzi la generò. Quando la Rai aveva il monopolio televisivo, la Sipra – è noto – concedeva gli accessi premiando i clienti più generosi nel finanziare con la pubblicità i giornali di partito che erano tutti in perdita. La nascita di un’alternativa liberalizzò il mercato. Il fatturato di Publitalia passò dai 12 miliardi del primo anno ai 76 del secondo, agli oltre 200 del terzo. 

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