«Siamo consapevoli di essere chiamati a educarci a generosi slanci di attiva misericordia, a dedicare rinnovate attenzioni ed energie, ad ascoltare e imparare nuove forme e nuovi linguaggi». A parlare il vescovo di Aversa, monsignor Angelo Spinillo, vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, nel presentare il tema dell’intero anno pastorale: “Una generazione narra all’altra…”, che è stato anche il tema del convegno di apertura svoltosi nella serata di ieri.
«Le generazioni – ha aggiunto il pastore normanno – ci interrogano e ci chiedono di camminare insieme sulle strade di un mondo che si apre a scenari e a cambiamenti che dobbiamo imparare a leggere e ad ascoltare». Il programma della due giorni che è iniziata ieri. Ha visto il convegno con l’Assemblea diocesana guidata dalla professoressa Paola Bignardi, già Presidente Nazionale dell’Azione Cattolica e autrice della recente pubblicazione “Dio a modo mio, giovani e fede in Italia”, e da don Michele Falabretti, Responsabile nazionale del Servizio per la Pastorale Giovanile della Cei.
«L’ascolto – ha affermato Bignardi – è un punto di partenza fondamentale per avviare l’esperienza di comunicazione della fede. Nei confronti della Chiesa la fiducia dei giovani è abbastanza in calo, così come lo è nei riguardi di tutte le istituzioni. I giovani non sono contro la Chiesa, ma si chiedono cosa c’entri con la loro fede».
«Una generazione narra all’altra, ma forse – ha concluso la docente – c’è una generazione che ha smesso di narrare non solo la fede, ma anche la bellezza della vita; o forse ha continuato a narrare una fede senza testimoniarla nel concreto o con la giusta passione, mentre i giovani hanno bisogno di sentirsi credenti contemporanei. Questa generazione di transizione vive una propria ricerca e noi rischiamo di non accompagnarli in questa ricerca, rischiando di incoraggiare l’affermarsi di una fede “a modo mio”».
«Se questa consegna di generazione in generazione può avvenire, – ha dichiarato Falabretti – dobbiamo rileggere il concetto di fede, che non è solo la pratica religiosa. La fede ha a che fare soprattutto con la vita. Questi giovani fanno fatica a credere nella fede che gli presentiamo nelle forme canoniche e tradizionali. È un bene che i giovani ci mettano in crisi con domande scomode».