Montebelluna (Treviso) – Fatture per operazioni inesistenti annotate in contabilità per oltre 100 milioni di euro, Iva evasa per oltre 11 milioni di euro, i tre soggetti responsabili della frode tratti in arresto: è questo il bilancio dell’operazione “Prosit!” della Guardia di Finanza di Treviso.
Il sistema fraudolento è stato scoperto grazie alle laboriose indagini condotte dalla Tenenza di Montebelluna che, nei giorni scorsi, ha eseguito le ordinanze di custodia cautelare (una in carcere e due ai domiciliari) emesse dal gip del Tribunale di Treviso su richiesta della locale Procura della Repubblica.
L’attività della Guardia di Finanza ha portato a disvelare il ruolo di una società Montebellunese, operante nella commercializzazione di bevande, che utilizzava fatture per operazioni inesistenti emesse da 21 imprese, create all’unico scopo di concretizzare la frode “carosello”. La modalità, sperimentata anche in altri settori sfruttando le previsioni della normativa dell’Iva sulle operazioni intracomunitarie, consisteva nell’interporre nella commercializzazione delle bevande (alcoliche e non) una serie di soggetti economici, appositamente costituiti non soltanto in Italia e gestiti da prestanome, per legittimare la detrazione dell’imposta da parte della società della Marca trevigiana.
Il “carosello” vorticoso delle fatture false partiva dall’estero, tramite due società “filtro” con sede in Svizzera ed in Paesi comunitari dell’est Europa, per poi proseguire sul territorio nazionale con l’inserimento nel circuito di una serie di “cartiere” compiacenti, per concludersi presso la società di Montebelluna. In tal modo quest’ultima riusciva a fruire di un vantaggio competitivo, disponendo di prodotti “sottocosto”, ed a portare in detrazione Iva sugli acquisti, a monte non versata, per ingenti importi. Tra il 2012 ed il 2015 le fatture per operazioni inesistenti individuate ammontano ad oltre 100 milioni di euro, con un’evasione dell’Iva di oltre 11 milioni di euro.
Gli accertamenti delle Fiamme Gialle hanno coinvolto anche i collaterali Organi di controllo esteri che hanno fornito informazioni puntuali sull’inconsistenza dei soggetti economici comunitari, consolidando il quadro probatorio dell’indagine.
Il sodalizio criminale, oltre al sistema delle “cartiere”, si avvaleva anche dei servizi logistici offerti da due depositi fiscali, servendosi di un conto corrente bancario di garanzia (‘escrow’), mediante il quale simulava pagamenti verso le imprese fittiziamente costituite.