I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Rimini – con la collaborazione di altri Reparti del Corpo e di personale dei Carabinieri della Compagnia di Riccione – hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro, emesso dal Tribunale di Rimini, relativamente a quote sociali e beni strumentali di quattro società (con sedi a Bisceglie, Rimini, Riccione e Urbino), saldi attivi di conti correnti, crediti Iva, nonché a due immobili (siti in Riccione e Misano Adriatico) e 13 autovetture, tra le quali due Lamborghini.
I fatti partono dall’anno 2001, quando i Finanzieri di Rimini avviarono un’articolata indagine – su delega della Procura di Rimini – nei confronti di una società, già con sede a Riccione, esercente l’attività di produzione, fabbricazione e commercializzazione di apparecchiature elettriche, al fine di accertare la consumazione del reato di truffa aggravata da parte dei responsabili che proponevano, dietro sottoscrizione di un contratto di franchising e contestuale ingresso in una struttura commerciale di tipo “multi level marketing”, di commercializzare un prodotto presentato come idoneo a garantire un elevato risparmio di gas se applicato agli impianti domestici e industriali.
Le indagini portarono a scoprire un’organizzazione, ramificata in tutto il territorio nazionale con oltre 30 uffici periferici, ritenuta responsabile di truffa in quanto intenta a reclamizzare e promuovere la vendita di un innovativo prodotto per il risparmio energetico che, sulla base delle risultanze di perizie tecniche, non si era dimostrato idoneo allo scopo prospettato. Invero, l’illiceità dell’attività svolta dal sodalizio consisteva anche nel far sottoscrivere quanti più contratti di “affiliazione” alla struttura multilivello (“Catena di Sant’Antonio”) al fine di incassare le somme versate dagli “affiliati”, proponendo la vendita di un prodotto che non corrispondeva alle aspettative di commercializzazione promesse.
A consuntivo delle complesse attività di indagine svolte dalle Fiamme Gialle riminesi, anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché rogatorie in territorio estero, nella Repubblica di San Marino e nel Principato di Monaco, veniva avanzata dal Pubblico Ministero competente una proposta al gip di misure cautelari personali e reali nei confronti dei soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda.
Il giudice disponeva così la custodia cautelare di 8 persone e il sequestro preventivo dei conti correnti societari, delle autovetture nella disponibilità degli indagati, di due immobili e del credito Iva. Il procedimento penale si è concluso con sentenza di condanna emessa dal Tribunale Collegiale di Rimini. La sentenza è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Bologna il 16 maggio 2011, per intervenuta prescrizione di alcune ipotesi di reato. Infine, la Cassazione, in data 3.10.2013, ha dichiarato la prescrizione dei reati pur ritenendo provati i fatti reato ascritti agli imputati, tanto da confermare i capi civili.
Successivamente sono stati eseguiti – nell’ambito di un separato procedimento instaurato ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali (Decreto legislativo 159 del 2011) nei confronti dei due principali attori della vicenda – ulteriori accertamenti tipici di polizia economico-finanziaria utili, tra l’altro, a qualificare la sproporzione tra il valore dei beni loro riconducibili – individuati in saldi di conti correnti, somme e titoli, beni mobili e immobili, già oggetto di sequestro probatorio e (successivamente) preventivo penale – ed i redditi apparenti o dichiarati.
All’esito di tale ulteriore fase dell’operazione, la Procura, sulla scorta degli elementi ed i riscontri acquisiti nel corso delle attività investigative, ha richiesto al Tribunale di Rimini l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali nei confronti dei due soggetti, in quanto ritenuti pericolosi socialmente, richiedendo il sequestro ai fini della confisca dei beni riconducibili ai proposti.