Aversa – Tra i quesiti del referendum costituzionale c’è l’abolizione del “Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro” (Cnel), un organo ritenuto inutile e superato. Un organo consultivo, operante a richiesta, che gestisce un archivio elettronico di tutti i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (Ccnl) correnti e passati ricevuti con una specifica modalità di trasmissione. Se vincesse il “Si” con l’abolizione del Cnel a riforma costituzionale saranno aboliti anche i Ccn? Questa la domanda che pongono i cittadini aderenti al movimento “La Seconda Stella a Destra”. Aspettando che il Governo risponda provano a dre loro stessi la risposta che inevitabilmente è Si.
“Perché – spiegano – sul sito del Cnel si legge ‘Per il deposito dei contratti collettivi nazionali del settore privato, previsto dall’art. 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936, occorre utilizzare l’indirizzo archiviocontratti@cnel.it I contratti devono essere trasmessi in formato compresso, il cui file deve necessariamente contenere sia il file in formato pdf che in formato testo Per trasmettere i contratti collettivi nazionali e integrativi delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 55 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, occorre utilizzare il seguente link ai sensi della convenzione interistituzionale Cnel – A.Ra.N.” Quindi rimarranno in essere le norme che impongono il deposito ad un Ente abolito, Ente a cui fanno riferimento sentenze della Cassazione (Es. Corte di Cassazione, sez. lavoro, 22/6/2012 n. 10439)”.
“A questo punto – continuano gli aderenti al movimento – il Governo o deve abolire anche i Ccnl che riguardano solo una ventina di milioni di lavoratori Pubblici e Privati o dovrà in fretta e furia istituire un sostituto del Cnel con i relativi costi. Visto il Job act presumiamo che la prima ipotesi sia quella giusta (A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca). Ma d’altronde i Ccnl sono vecchi, anche di più della Costituzione: ‘L’introduzione del contratto collettivo nazionale di lavoro in Italia si ebbe, durante il ventennio fascista, con la promulgazione della Carta del Lavoro, approvata dal Gran Consiglio del Fascismo il 21 aprile 1927, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1927 che acquisì valore giuridico a partire dal 1941. In essa, il contratto collettivo era istituito a strumento di sintesi del superamento della lotta di classe e, secondo un’impostazione di natura produttivistica’ Roba superata”.
“In caso di sostituzione il Cnel – fanno osservare – costa 8,7 milioni di euro. Di questi soldi, 4,5 milioni servono per i costi del personale dipendente che sarà trasferito alla Corte dei Conti. E circa 3 milioni sono necessari per mantenere l’enorme struttura, Villa Lubin che è la sede del Cnel, quindi sarebbe solo un nuovo cambio di nome e basta”.
“Insomma – commentano – un pasticciotto all’italiana e questo è solo un articolo, immaginiamo che cosa combineranno le altre modifiche. Presumibilmente un caos giuridico senza precedenti che a sua volta determinerebbe tensioni economiche e quindi pressioni dei mercati e dello spread”. “Il caos giuridico che creerebbe una vittoria del Si quanto ci costerebbe sui mercati e quanto nella vita di tutti i giorni? Probabilmente – concludono – qualcosina in più del previsto risparmio di 50 milioni di euro annunciati”.