Numerose le richieste di condanna avanzate dal pm Fabrizio Vanorio della Direzione distrettuale antimafia di Napoli nel processo che vede imputati presunti appartenenti a una rete collegata alla famiglia Russo, fazione del clan dei casalesi, che fa riferimento a Giuseppe Russo, alias “Peppe ‘o padrino”.
L’inchiesta culminò il 15 settembre del 2015 con l’esecuzione di 44 arresti, compiuti dalla Dia di Napoli, tra le province di Caserta, Napoli, Perugia e Salerno, anche nei confronti di commercianti, imprenditori e titolari di esercizi ricettivi.
Le accuse, a vario titolo, vanno dall’associazione per delinquere di tipo mafioso al trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza con minaccia o violenza e riciclaggio, reati aggravati dall’aver favorito il clan.
Tra gli imputati, nel rito abbreviato celebrato davanti al gup Zinno, anche Francesco Carusone e Maria Muto di Gricignano, difesi dall’avvocato Raffaele Costanzo, per i quali il pm ha chiesto, rispettivamente, 12 anni e due anni e due mesi di reclusione. 14 anni chiesti per Corrado Russo, 14 per Gaetano De Biase, 5 per Salvatore Di Puorto, 8 per Maurizio Capasso, 7 per Corrado Discepolo, 2 per Maurizio Discepolo, 8 per Giovanni Gallo, 6 per Carmine Iaunese, 3 per Salvatore Laiso, 12 per Marcello Mormile, 10 per Michele Ciervo.
Chiesta anche la confisca di tutti i beni in sequestro, per un valore complessivo di circa 20 milioni di euro, e in particolare dei beni aziendali delle aziende coinvolte. Il 19 dicembre inizieranno le arringhe difensive, mentre la sentenza è prevista per febbraio.
L’INDAGINE – L’indagine è durata quattro anni e ha ricostruito come la famiglia Russo si sia imposta quale gruppo mafioso maggiormente attivo non solo nella gestione delle estorsioni a imprenditori e a commercianti, nel controllo di appalti e nel mantenimento dei rapporti con i rappresentanti delle pubbliche amministrazioni ma, soprattutto, nella gestione, sia direttamente che attraverso commercianti e imprenditori consapevoli e compiacenti se non proprio organici, di molte delle principali attività economiche del territorio.
GIOCHI E CAFFE’ – La gestione del settore dei giochi da intrattenimento presso gli esercizi commerciali dalla provincia di Caserta si è estesa anche in quella di Napoli con l’utilizzo di prestanome incensurati. Tra le attività dei Russo svolte con metodi mafiosi ci sono la distribuzione del caffè, la gestione di sale bingo, la ristorazione presso centri commerciali, i cavalli da corsa, le tipografie.
“DOPO DI NOI NON C’E’ PIU’ NIENTE” – Decisive le immagini raccolte dalla Dia nell’ambito di servizi di appostamento, che hanno fatto emergere come la cosca ha imposto il monopolio del settore delle slot e dei videopoker. C’è una scena in cui due uomini se la prendono con un imprenditore: “Bevi che ti passa la paura – si sente dire – ma ti rendi conto di dove ti trovi? Dopo di noi non c’è più niente”.
I SEQUESTRI – Il decreto di sequestro riguarda cinque aziende attive nel settore della distribuzione dei giochi elettronici da intrattenimento, il cui valore complessivo è da stimarsi in 20 milioni di euro circa. Tra l’altro sono stati posti sigilli a 3.200 slot machine distribuite in centinaia di esercizi commerciali tra Campania, Toscana e Lazio.
Sempre a Russo, attraverso prestanome, era legata una società proprietaria di cavalli, la “O.M. Srl” che, nella sua scuderia, annoverava il trottatore “Madison Om”, nato in Italia nel 2006, di pregio, con 74 corse, 15 vittorie e 35 piazzamenti, e oltre 91 mila euro in premio.