Roma – Clima teso tra l’Unione europea e il governo italiano mentre proseguono le critiche da parte del capo del consiglio Matteo Renzi e il botta e risposta con il presidente della commissione Ue Juncker.
“Il tempo dei diktat è finito – ha detto il premier – l’Italia è forte e non va in Europa a farsi spiegare quello che deve fare, ma porta in Europa le sue idee e i suoi valori. Il tempo degli ordini è un tempo finito che non tornerà. Tutto ciò che serve all’edilizia, che piaccia o non piaccia ai signori di Bruxelles, è fuori dal patto di stabilità. L’Italia non è il loro bancomat”.
“Smettiamo di dirci ‘ce lo chiede l’Europa’ – ha proseguito durante il discorso tenuto martedì mattina dinanzi ad un gruppo di sindaci dell’Astigiano – e cominciamo noi a dire cosa vogliamo. Non possiamo essere il salvadanaio di Paesi che reclamano solidarietà solo quando c’è da prendere e non da dare”.
Juncker si difende: “Non siamo una banda di tecnocrati e di burocrati. Non applichiamo il patto di stabilità in modo rigido ma in modo politico, concedendo flessibilità se necessario”.
“Ho sentito il gabinetto Juncker e loro la battuta la riferiscono all’accusa di essere a favore dell’austerità e quindi non verso l’Italia, ma resta infelice, anzi infelicissima. Quello che mi ha colpito di più rispetto al ‘me ne frego’ è che Juncker abbia citato una serie di numeri sul deficit italiano assolutamente sbagliati e un portavoce dice che ha improvvisato, il che lascia qualche preoccupazione”, ha commentato il ministro dello sviluppo Calenda.
Nel frattempo il commissario Moscovici e il ministro dell’economia Padoan hanno chiesto di controllare i toni e le parole utilizzate in modo da preservare un clima di collaborazione.
Le stime sulla crescita nei Paesi dell’euro saranno diffusi nella giornata di mercoledì e potrebbero ricondurre a nuove tensioni.