Roma – Maxi operazione antidroga tra Italia, America Latina e Stati Uniti. Nelle prime ore del mattino la Squadra mobile di Roma e il Gico della Guardia di Finanza, al termine di articolate indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, nei confronti di quindici persone ritenute appartenenti a un’organizzazione criminale, ben strutturata sul territorio nazionale, dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti con ramificazioni all’estero.
Dominus della compagine criminale è risultato Venanzo Tamburini, 63 anni, che, insieme al genero Ermanno Di Rocco, 46, e supportato dal “socio” Antonio Antonini, 57, ha organizzato e finanziato – in prima persona – le numerose importazioni di droga, grazie ad una consolidata e fidata rete di narcotrafficanti centroamericani che hanno garantito il costante approvvigionamento del narcotico.
Era Tamburini, secondo gli investigatori, a intrattenere i principali contatti con i fornitori latino americani, a gestire le illecite trattative e a occuparsi del pagamento di eventuali spese impreviste – per lo più dovute ai prolungati soggiorni in Italia dei trafficanti – e della sorte dei corrieri di cui si erano perse le tracce (perché tratti in arresto dalla Guardia di Finanza).
Antonini si occupava del ritiro della cocaina e delle successive fasi della vendita sulla piazza romana e della riscossione dei relativi proventi. Di Rocco era l’uomo di fiducia e fac-totum del gruppo.
Nella loro continua ricerca di forniture di cocaina, gli indagati hanno dimostrato una notevolissima disponibilità di capitali illeciti per finanziare le importazioni di sostanza stupefacente e utilizzato le più moderne tecnologie per le loro comunicazioni riservate, che avvenivano tramite smartphone BlackBerry, dotati di un proprio software di conversazione via chat – “pin to pin”.
Tuttavia, grazie ad un’efficace azione di intelligence, i finanzieri sono riusciti a superare l’ostacolo e ad acquisire numerosi ed importanti riscontri investigativi, dimostrando che lo stupefacente importato in Italia era trasportato da corrieri guatemaltechi che occultavano la droga all’interno di capi d’abbigliamento, anche di tipo tecnico (ad esempio, tute da motocross).
Accertate sette importazioni di narcotico, di cui quattro oggetto di interventi repressivi, per un totale di oltre 12 chili di cocaina sequestrata e quattro corrieri arrestati in flagranza di reato.
Dalle investigazioni della Guardia di Finanza è emerso, altresì, il notevole spessore criminale dei trafficanti tant’è che i fornitori latino-americani, provenienti dal Guatemala, minacciavano di trattenere in ostaggio i mediatori degli illeciti affari nel caso in cui gli importatori italiani non fossero in grado di onorare tempestivamente i pagamenti.
Gli indagati continuavano ad alimentare le ingenti disponibilità finanziarie “piazzando” rapidamente sul mercato capitolino le partite di stupefacente importate. Grazie alle notevoli capacità organizzative del gruppo criminale, gli importatori italiani riuscivano ad acquisire la liquidità necessaria a garantire forniture costanti e regolari.
La droga, cocaina purissima, spedita dalla Colombia in Spagna, veniva trasportata in Italia a mezzo corrieri Sud-Americani. I proventi illeciti venivano in parte inviati direttamente in Colombia tramite i corrieri e in parte giungevano “ripuliti” attraverso vari bonifici su circuiti bancari esteri.