“Le nuove regole di accreditamento sono state istituite perché è mancata sino ad oggi nei dirigenti e nei funzionari la volontà di eliminare i ‘furbetti del quartierino’. È venuto in questi anni a mancare il modus operandi del ‘buon padre di famiglia’ che dovrebbe spingere i dirigenti e funzionari, appunto, a regolare un mercato purtroppo fino ad oggi liberalizzato, nella peggiore accezione del termine”.
Lo afferma in una nota il Movimento Libero e Autonomo delle Scuole di Formazione Autofinanziate, ‘sindacato’ delle scuole di formazione in seno a Confimprenditori, dopo aver ricevuto il Modello di Accreditamento (le regole per poter essere una scuola di formazione accreditata) proposto a fine 2016 dall’assessorato regionale competente diretto da Chiara Marciani.
“Assistiamo – afferma Luca Lanzetta, presidente del Movimento – a una sorta di patente a punti per le scuole di formazione: un punteggio che aumenta in base al numero di dipendenti, alla qualità del servizio fornito, alla formazione realmente effettuata. Praticamente, lo stretto necessario per dare un servizio di qualità. In compenso, decurtiamo il punteggio davanti a casi di evidenti marachelle compiute da enti o sedicenti tali che dovrebbero essere accertate dagli stessi funzionari colpevolmente responsabili di quanto accaduto fino ad oggi”.
Il Movimento, quindi, più che porre l’accento sulle questioni di merito, accoglie il nuovo regolamento come “l’unico possibile. Questa patente a punti – spiega Lanzetta – è il risultato obbligato di un percorso che ci siamo meritati e che, come per la patente di guida quando sono stati introdotti i punti, può ristabilire le regole, visto che è mancata proprio da un punto di vista istituzionale questa tipologia di gestione. Ed è inutile perdere tempo su 10 metri quadrati in più o in meno per l’accreditamento; bisogna rendersi conto che la formazione deve essere di qualità, una scelta di buon senso prima che di paradigmi scritti a penna”.
Il riferimento è sui 130 metri quadrati minimi che il nuovo regolamento impone affinché le scuole di formazione possano essere accreditate. “La formazione ha bisogno di spazi, ben oltre i 2 metri quadrati obbligatori per allievo imposti da questo modello”, continua Lanzetta. “È chiaro che non siamo in presenza di bambini alle scuole elementari che possiamo trattenere nel banco. Non è su questo che deve ruotare il dibattito, ma sul fatto che la formazione deve essere di qualità e controllata: è chiaro che in bugigattoli i nostri allievi che cercano di collocarsi o ricollocarsi nel mercato del lavoro non hanno possibilità di usufruire di un buon insegnamento”.
Così come arrivare a imporre la penalizzazione per l’utilizzo improprio del logo della Regione Campania da parte degli enti accreditati, colpa – secondo Lanzetta – “di chi era addetto al controllo, non l’ha fatto e ha permesso a chiunque di utilizzare lo stemma della Regione illegalmente”.
Un’urgenza, quella di un serrato controllo, che con oltre 700 enti di formazione in Campania (più del doppio di quelli lombardi, per intenderci) vede ancora offrire percorsi didattici su volantini o su internet “che per quei costi devono per forza avere insegnanti che guadagnino meno della metà di una cameriera a ore. Un mercato viziato puntato al risparmio offre non-formazione. Lo ripetiamo da anni: è una truffa. Il pezzo di carta, nel mercato delle competenze di oggi, non serve a niente e alla lunga è una penalizzazione per chi ha investito tempo e (non il giusto) denaro”.
“Chiediamo – conclude Lanzetta – che il libero mercato, senza un doveroso controllo che deve arrivare dagli stessi funzionari preposti già in passato a questa funzione, non diventi di nuovo la libera truffa che in questi anni abbiamo con ogni mezzo osteggiato”.