Aversa – Area ex Texas: competenza, determinazione, trasparenza. A chiederlo Isidoro Orabona, ex presidente del Consorzio GeoEco, nonché gestore di due vittoriose campagne elettorali per Mimmo Ciaramella, altrettante volte sindaco di Aversa.
La pianificazione urbanistica è il tema che sempre più in maniera ricorrente sta animando il dibattito politico-amministrativo cittadino, anche se il più delle volte gli interventi si segnalano solo per inammissibili superficialità o per rituali affermazioni che spesso sconfinano in un involontario umorismo. In questo scenario l’intervento di Orabona assume quasi il valore di una sferzata tenuto conto che sono in molti a parlare di destino di quell’area spesso denotando una assai superficiale conoscenza dei fatti.
«Da ultimo, sulla questione – afferma Orabona – si deve registrare un ingiustificato e ingiustificabile orientamento che ritiene necessario, per poter decidere la sorte di quella importante area, attendere la pronuncia del Consiglio di Stato, che deve decidere sul ricorso contro la sentenza del Tar che ha annullato, perché non adeguatamente motivata, la deliberazione del Comune di Aversa del marzo 2011, con cui è stata negata ai Cesaro (proprietari dell’area) la possibilità di fruire dei benefici della legge regionale sul piano casa.
Ma, ai sostenitori in buona o in mala fede di tale posizione, va ricordato che la destinazione urbanistica dell’area Cesaro non può e non deve discendere, o essere in qualche modo condizionata, dalla emananda sentenza del Consiglio di Stato. Coloro che apoditticamente lo sostengono, coprendo tale pseudo convincimento con un ermetico e ingiustificato silenzio, non conoscono o conoscono poco i fatti».
Il punto di partenza ineludibile è la sentenza del Tar Campania relativamente all’adeguata motivazione del diniego del Comune. Questo significa che, quale sarà la decisione del Consiglio di Stato, la parola finale è, sempre e comunque, del Consiglio comunale. Dalla tanto attesa decisione del Consiglio di Stato, secondo Orabona, si può e si deve pertanto prescindere, potendo, anche da subito, il Consiglio comunale, nella sua ampia autonomia, decidere la possibilità o meno di mutamento di destinazione nei limiti fissati dalla legge regionale sul piano casa.
«Pretestuose e fantasiose sono quindi – riprende il manager aversano – le iniziative volte, magari, così come è stato proposto, con un originale quanto bizzarro referendum, a scegliere la destinazione dell’area, la quale, lo si tenga sempre bene a mente, è proprietà privata. Certo, potrebbe essere espropriata per destinarla a pubblici servizi, ma, in tal caso, è necessario disporre o di adeguata capacità economica o di un credibile programma finanziario, che gli urbanisti per caso, per diletto o referendari dovrebbero avere l’elementare buon senso e la capacità di indicare.
A tal proposito, ad esempio, il Comune potrebbe espropriare l’area ed indennizzare i proprietari con il ricavato di strutture pubbliche, anche promosse dai privati, o rendersi attore di proposte che, in linea con le più avanzate tendenze del settore, lo vedano protagonista. Ed è evidente che per fare tutto ciò occorre una programmazione seria, e non ispirata da risibili chiacchiere da bar Sport, la quale deve necessariamente essere avviata con idee chiare, idonee competenze, impegno e, soprattutto, trasparenza, rifuggendo soluzioni amicali, di schieramento o solitarie fughe in avanti, magari in centri viciniori. A tale proposito, va detto che è assolutamente indispensabile, e urgente, attivare un dibattito nelle sedi opportune, dal quale recuperare proposte da confrontare e regolamentare nel più ampio e trasparente disegno del piano urbanistico comunale, in modo che le scelte si inseriscano in un’ottica di pianificazione a livello comunale e, per il ruolo strategico che tate area potrebbe assumere, in quella intercomunale.
Come è, pertanto, abbastanza chiaro, sarebbe quanto mai utile, se non necessario, affrontare la questione di quell’area prescindendo da attese bekettiane, che alimentano solo polemiche, sospetti, contrasti o accuse più o meno fondate e che sicuramente non fanno bene alla città. Si superi allora questa sorta di ignavia decisionale e si evitino iniziative personali o riservate. Si affronti, invece, il toro con le corna, alla luce del sole, con competenza, determinazione e soprattutto trasparenza».