Catania, catturato Andrea Nizza: uno dei 100 latitanti più pericolosi

di Redazione

Catania – Andrea Luca Nizza, 31 anni, dal 2005 inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi del Ministero dell’Interno si nascondeva in una villetta, dotata di tutti i confort, situata nella periferia di Viagrande, al confine con il comune di Trecastagni. Era irreperibile dal 12 dicembre del 2014.

Nizza secondo gli investigatori nonostante la latitanza era il capo indiscusso del gruppo criminale omonimo attivo nel quartiere di Librino e che era una articolazione del clan di cosa nostra catanese dei “Santapaola – Ercolano”. A catturarlo sono stati i carabinieri del comando provinciale di Catania dopo una serie di indagini tecniche e servizi sul territorio che hanno portato al blitz decisivo.

Il latitante, alla vista dei militari che hanno fatto irruzione nella sua villetta non ha opposto resistenza. E’ stato trovato in compagnia della moglie, in stato di gravidanza, e di due dei suoi figli. All’interno dell’immobile sono stati trovati anche due giovani coniugi incensurati, di 30 e 26 anni, a loro volta arrestati per favoreggiamento personale aggravato dall’aver commesso il fatto per agevolare l’organizzazione mafiosa “Santapaola – Ercolano”.

I due, per quanto potuto accertare nell’immediatezza dei fatti, erano di fatto i vivandieri della famiglia Nizza assicurando loro un’adeguata assistenza logistica. Quando i carabinieri hanno fatto irruzione erano tutti a letto. Nizza è rimasto sorpreso, ma si è complimento con i carabinieri che lo stavano ammanettando, dicendo loro «siete stati bravi, non era facile trovarmi…». Nella villa non sono state trovati grossi quantitativi di soldi, né armi né droga.

La latitanza di Andrea Nizza ha avuto inizio dopo la sua condanna in abbreviato nell’ambito del procedimento “Fiori Bianchi” essendosi all’epoca sottratto alla cattura. Ma sul capo di Nizza sono piovuti diversi altri provvedimenti giudiziari e sentenze di condanna, nessuna delle quali ancora divenuta definitiva. In particolare il 12 gennaio del 2015, Nizza – già latitante – veniva raggiunto da un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Catania poiché accusato, insieme ad altri, di associazione mafiosa, estorsione ed usura aggravata in danno di un imprenditore di Mascalucia, poi il 22 giugno del 2015 un altro provvedimento di cattura perché accusato, in concorso con altri, di omicidio, occultamento di cadavere, detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo.

L’ultimo provvedimento è del luglio scorso nell’ambito dell’operazione “Carthago” che ha portato all’arresto di 35 persone accusate di associazione mafiosa, armi e traffico di stupefacenti, e tutte ritenute appartenenti al gruppo dei Nizza del clan Santapaola, e capeggiato proprio da Andrea Nizza. L’esecuzione dell’ordinanza riguardò l’intero quartiere di Librino posto nella periferia sud della città, eletto dal clan Nizza quale centro di distribuzione di stupefacenti di vario tipo ed in particolare di hashish, marijuana e cocaina.

L’inchiesta Carthago prese le mosse dal rinvenimento di un maxi arsenale, composto da oltre 50 armi tra kalashnikov, pistole e fucili, effettuato dai Carabinieri sulla scorta delle prime dichiarazioni del collaboratore di giustizia Davide Seminara, già uomo di fiducia di Andrea Nizza.

Le investigazioni hanno documentato come il gruppo mafioso, operante nella zona di Librino e San Cristoforo e capeggiato rispettivamente da Fabrizio Nizza (ora collaboratore di giustizia) e Andrea Daniele Nizza e di seguito retto da Andrea Nizza avesse acquisito un peso determinante nell’ambito delle dinamiche mafiose all’interno di Cosa Nostra catanese, anche grazie all’investitura a rango di uomini d’onore di Fabrizio e Daniele Nizza avvenuta nel giugno 2008 ad opera di Santo La Causa, Carmelo Puglisi e Vincenzo Aiello.

Il gruppo facente capo ai fratelli Nizza, negli ultimi anni, era riuscito a creare un vero e proprio “cartello” della droga con il monopolio delle “piazze di spaccio” nei quartieri di Librino, San Giovanni Galermo e San Cristoforo, e, grazie ai cospicui profitti derivanti da tale attività, aveva acquisito un peso notevole all’interno del clan Santapaola, essendo in grado di reclutare e retribuire centinaia di affiliati e di acquistare ingenti quantitativi di stupefacente da immettere sul mercato catanese garantendosi rilevanti flussi di denaro prontamente riutilizzabili per investimenti economici, finanziari e il sostentamento degli affiliati detenuti e al mantenimento dei “picciotti” con una vera e propria retribuzione.

Le attività di spaccio venivano svolte nelle singole piazze professionalmente con ripartizione di ruoli tra pusher, vedette, responsabili delle piazze e coloro che assicuravano il continuo rifornimento di stupefacente, e con organizzazione di turni di vendita durante tutto l’arco della giornata, così riuscendo a garantire al sodalizio proventi di 80 mila euro al giorno.

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