Un’autentica ovazione ha caratterizzato la 74esima edizione del Golden Globe, il prestigioso premio assegnato al cinema hollywoodiano dalla stampa estera di stanza negli Stati Uniti e ritenuto, a giusta ragione, una sorta di anticamera degli Oscar, massimo trofeo dell’Award Season che viene annualmente inaugurata proprio dalla consegna dei Globe.
Stando, quindi, alle indicazioni dell’edizione 2017, il musical d’amore e sogni di gioventù “La La Land”, diretto dal talentuoso Damien Chazelle, film d’apertura al Festival di Venezia e già lodato in ogni parte del globo, non dovrebbe avere rivali durante la scintillante “notte delle stelle”, come non li ha avuti nel corso della variopinta cerimonia, con tanto di cena di gala, tenutasi al Beverly Hilton di Los Angeles.
Sette premi su sette nomination, cosa mai accaduta finora: film brillante, attore e attrice di commedia o musical, rispettivamente Ryan Gosling ed Emma Stone, regia, sceneggiatura, colonna sonora e canzone originale. Un autentico trionfo, che è stato salutato in sala con entusiasmo e anche un simpatico bacio provocatorio tra Andrew Garfield e Ryan Reynolds, sconfitti nelle proprie categorie da Gosling.
A quest’ultimo va, indubbiamente, il riconoscimento per il discorso dal pulpito di maggiore impatto emotivo. Oltre ad aver ringraziato la moglie Eva Mendes, madre delle due figlie, per avergli permesso di preparare con cura un ruolo tanto impegnativo, dandosi anima e corpo alla famiglia che cresceva, ha dedicato la schiacciante vittoria alla memoria del fratello della Mendes, scomparso per un cancro fulminante e curato proprio nei giorni della lavorazione dall’attrice stessa. Insomma un tripudio per la Mendes, che, pur non essendo presente in sala, ha guadagnato, agli occhi del mondo, molto più di un alloro cinematografico. Agli altri contendenti sono, perciò, rimaste le briciole.
L’intimista “Moonlight” di Barry Jenkins ha prevalso tra i titoli drammatici, mentre Casey Affleck, tra gli attori protagonisti appartenenti alla medesima categoria per “Manchester by the Sea” di Kenneth Lonegran. Unica grande sorpresa della serata, il trionfo tra le protagoniste di una pellicola drammatica della diva francese Isabelle Huppert per l’osannato “Elle” dell’olandese Paul Verhoeven, ritornato a produrre in Europa dopo la lunga parentesi americana e insignito anche del Globe per il film straniero.
La categoria dei non protagonisti ha, in un certo senso, risarcito gli interpreti di colore, tanto polemicamente bistrattati nell’edizione 2016 di tutti i riconoscimenti principali, premiando l’intensa Viola Davis di “Barriere” di Denzel Washington, laddove tra gli uomini ha prevalso Aaron Taylor–Johnson per “Animali notturni” di Tom Ford.
Ma l’edizione 2017, oltre che per la vittoria record di “La La Land”, sarà, indubbiamente, ricordata per la polemica a distanza tra l’iconica Meryl Streep, giunta alla trentesima candidatura e insignita del premio alla carriera, e il neopresidente Donald Trump. La prima ha tuonato contro di lui, senza mai nominarlo direttamente, ricordando l’imbarazzante episodio della sua presa in giro di un giornalista disabile, allertando, soprattutto, la stampa a non abbassare mai la guardia di fronte a un reale pericolo di evidenti limitazioni alla libertà d’espressione. Il secondo non ha, però, preso tempo a rispondere alla sua maniera diretta, e poco elegante, definendo la Streep “attrice sopravvalutata e lacché di Hillary Clinton”. Come fare a non dargli torto per l’ennesima volta? Ai posteri l’ardua sentenza.