Istanbul, l’Isis rivendica la strage di Capodanno: 39 morti

di Giuseppe Della Gatta

Istanbul – Non poteva che iniziare nel peggiore dei modi il 2017 in Turchia. La notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio sarà ricordata sicuramente come il capodanno di sangue di Istanbul, con 39 giovanissimi morti nel famoso club Reina della metropoli turca.

Un attentato metodico, cinico, ripreso linearmente dall’attentato francese al Bataclan del novembre 2015 e firmato dai jihadisti dell’Isis. Erano le 1.30 locali (le 23.30 in Italia), quando un uomo (ancora da accertare se ce ne fossero altri due), è sceso da un taxi davanti al prestigioso locale che affaccia sullo stretto del Bosforo, nel quartiere Ortaköy del distretto di Beşiktaş.

L’uomo, inquadrato dalle telecamere, era completamente vestito di nero. Da un borsone avrebbe estratto l’ormai solita e nota arma dei terroristi, il fucile d’assalto Ak-47, e avrebbe fatto la sua prima vittima all’esterno, colpendo a morte un uomo della sicurezza della discoteca.

L’uomo è poi entrato all’interno del nightclub, (dove è ancora da accertare se nel locale fossero già presenti dei complici). Al Reina, erano presenti all’incirca 600 persone che erano intente a festeggiare l’inizio del nuovo anno. L’atmosfera del club sarebbe poi stata interrotta dal grido, ormai di guerra, “Allah-uh-Akbar”, lanciato dal terrorista che ha poi scatenato un inferno di fuoco e piombo.

Con estrema freddezza, l’uomo in nero, ripreso dalle telecamere del circuito interno del locale, ha fatto fuoco sulla folla inerme facendo strage di giovani. Nella grande confusione molti di essi che sono riusciti a scappare dal locale, per disperazione si sono buttati nelle acque gelide del Bosforo. Il bilancio finale, diramato dal Governatore della provincia di Istanbul, Vasip Şahin, è di 39 morti e 69 feriti, di cui 4 gravissimi.

Dopo la carneficina sarebbero poi giunti repentinamente i soccorsi. Un ingente apparato di sicurezza, tra uomini della Polizia e dell’Özel Tim (le forze speciali turche), ha transennato il viale Muallim Naci, dove sono poi giunte più di 60 ambulanze.

In Turchia è ormai caccia all’uomo. L’attentatore, che fonti d’agenzia d’informazione ritengono originario dell’Asia centrale, sarebbe infatti scappato subito dopo il massacro. Diverse fonti riportano che l’uomo si sarebbe cambiato gli abiti all’interno del locale, non si riuscirebbe infatti a spiegare chi fosse l’uomo vestito completamente in bianco inquadrato dalle telecamere.

È stato, inoltre, ufficialmente escluso, dal primo ministro Binali Yıldırım, che ci fossero delle persone vestite da Babbo Natale durante l’attentato, smentendo dunque la primissima notizia diramata dalle agenzie di stampa, che l’attacco al club sarebbe stato eseguito da persone vestite da Santa Claus.

Nelle ore successive alla strage, l’apparato di sicurezza turco si è mosso compatto. La caccia all’uomo è tutt’ora in corso e vede la metropoli di Istanbul completamente assediata dai reparti di sicurezza con uomini in strada e posti di blocco.

Durante la mattinata di oggi l’attentato è stato rivendicato, con notevole ritardo dall’Isis. L’intento era dunque ben preciso, colpire, con lo stile degli attentati del novembre francese, la movida e il turismo turco. Sono, infatti, 25 le vittime straniere: 7 cittadini sauditi, 3 iracheni, 3 giordani, 2 libanesi, due francesi, 2 indiani, un kuwaitiano, un libico, un siriano, un israeliano, un belga e un canadese.

Dal nostro Ministero degli Esteri è stata diramata una nota nella quale è stato accertato che un gruppo di italiani provenienti da Palermo è scampato miracolosamente all’attentato, ma è rimasta ferita lievemente una ragazza originaria di Brescia.

Riguardo l’attentato, in molti si sono soffermati sulle parole del leader turco Recep Tayyip Erdoğan, che sottolineando la sua ferrea volontà di “mantenere il sangue freddo” ha scagliato il dito contro tutti coloro che “stanno cercando di destabilizzare il Paese”.

È pur vero, che i tantissimi attentati di matrice islamica che hanno colpito la Turchia durante tutto il corso del 2016, escludendo quelli politici dovuti al Partito Curdo separatista del Pkk, sono aumentati in maniera esponenziale subito dopo il cambio di politica turco sulla questione siriana.

Almeno fino al giugno 2016, erano noti alcuni loschi contatti tra la Turchia di Erdoğan e il califfato islamico. Con il tentativo di golpe militare del 15 luglio, la Turchia, membro attivissimo della Nato, si è vista allineare alle politiche strategiche russe.

Rimane impressa la lettera di scuse di Erdoğan nei confronti del presidente russo Vladimir Putin, per l’abbattimento del caccia russo nei cieli turchi. Tale lettera ha segnato l’inizio di una forte alleanza turco-russa sull’area siriana che ha ovviamente messo alle strette l’Isis che starebbe reagendo con i numerosi attentati nel Paese.

Il dopo golpe ha portato anche Erdoğan a fare piazza pulita di oppositori politici anche nelle fila dell’Esercito e dei reparti di polizia. Scelta che ha portato all’arresto e alla probabile esecuzione di molti uomini, con la relativa conseguenza di aver decimato buona parte dell’apparato di sicurezza turco che poteva garantire stabilità interna nel Paese.

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