Napoli – Svolta nell’inchiesta sull’omicidio di Gennaro Cesarano, il 17enne ucciso per errore il 6 settembre 2015 durante una sparatoria in piazza Sanità. Quattro persone sono state raggiunte da un’ordinanza cautelare chiesta dai pm Celeste Carrano, Enrica Parascandolo e a Henry John Woodcock, che con il procuratore aggiunto Filippo Beatrice coordinano le indagini condotte dalla squadra mobile diretta da Fausto Lamparelli. Decisive le dichiarazioni del boss pentito Carlo Lo Russo.
Si tratta di Antonio Buono, Luigi Cutarelli, Ciro Perfetto e Mariano Torre, elementi della cosca Lo Russo. L’inchiesta ha confermato che il ragazzo fu la vittima innocente di una sparatoria nata nell’ambito di uno scontro fra bande rivali della camorra.
Il capoclan Carlo Lo Russo, ora collaboratore di giustizia, ha raccontato agli inquirenti come alle 4 del mattino del 6 settembre 2015 un suo ‘gruppo di fuoco’ passò a bordo di quattro scooter sparando davanti alla chiesa di San Vincenzo, nella pizza omonima al rione Sanità, per dare una risposta a Pierino Esposito, boss della Sanità, cercandolo anche tra i vicoli. Le moto di grossa cilindrata erano partite da Miano, il quartiere roccaforte dei Lo Russo, conosciuti anche come ‘capitoni’, gruppo che si stava riorganizzando ed estendendo.
Esposito aveva, infatti, organizzato pochi giorni prima una ‘stesa’ a Miano, perché’, uscito dal carcere a luglio 2015, aveva deciso di far sentire la propria voce ai rivali. Luigi Cutarelli e Ciro Perfetto, tra l’altro, sono già stati destinatari di un provvedimento restrittivo proprio per l’omicidio di Pierino Esposito.
“Oggi vince la verità”. Così Antonio Cesarano, padre di Genny commenta l’arresto, sottolineando: “Io e la mia famiglia chiediamo giustizia per Genny ma quello che più conta è che nelle carte dell’inchiesta oggi ci sia chiaramente scritto che mio figlio non aveva nulla a che vedere con la camorra e che è una vittima innocente”. Antonio ricorda, con rabbia e tra le lacrime, i giorni successivi all’uccisione quando “notizie diffuse da inquirenti ed organi di informazione” descrivevano il figlio come un affiliato ai clan e, per questo, probabile bersaglio di quel raid notturno. “Era un bravo ragazzo – dice il padre – ma ho dovuto gridarlo per giorni prima che dessero ascolto a me ed alle migliaia di persone scese in piazza per il funerale concesso, come si fa per un boss di camorra, alle 7 di mattina. Ora spero che lui riposi in pace. La nostra l’abbiamo persa quella notte”.