Fra Torino, Roma e Napoli, i carabinieri della Compagnia di Torino-Mirafiori, in collaborazione con i colleghi territorialmente competenti, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa dal Tribunale di Torino – nei confronti di sei persone, ritenute responsabili di associazione per delinquere, rapina aggravata e sequestro di persona.
Il provvedimento scaturisce da un’attività info-investigativa, condotta da agosto a novembre 2016, che ha consentito di individuare i responsabili di cinque rapine commesse, dall’aprile all’agosto 2016, ai danni di altrettanti istituti di credito della provincia di Torino.
Il 26 agosto scorso la rapina alla Banca d’Alba di corso Siracusa, a Torino. Una rapina particolarmente violenta: la banda, infatti, aveva malmenato un cliente che cercava di dare l’allarme alle forze dell’ordine e poi, sotto la minaccia di un coltello, aveva sequestrato la direttrice della filiale (guarda il video) e una ventina di clienti, chiudendoli in uno stanzino da cui si sono liberati dopo oltre mezzora spaccando la porta con un estintore.
A portare i carabinieri sulle tracce della banda, durante il colpo di fine agosto, era stata la collaborazione di alcuni passanti che avevano notato modello e targa di una delle auto usate per la fuga. L’arresto del commando era avvenuto dopo alcune settimane e poche ore prima del matrimonio della figlia dal capo della banda.
Erano finiti in manette Vincenzo Cinquegranelli, 55 anni, domiciliato a Beinasco, il padre della sposa e cinque parenti residenti nel napoletano e nel torinese. Le telecamere a circuito chiuso dell’istituto e un testimone avevano permesso di ricostruire la vicenda. Il primo ad entrare in banca era stato Pasquale Troise, 34 anni, incensurato, residente a Napoli, con il coltello alla mano aveva sequestrato la direttrice e l’aveva chiusa in una stanza con alcuni clienti. La banda era poi fuggita con un notevole bottino. A reclutarli era stato proprio il padre della sposa, la mente della banda.
Il modus operandi era sempre lo stesso: utilizzavano una scheda telefonica ad hoc per realizzare la singola rapina, noleggiavano le auto per commettere i colpi, utilizzavano placche simili a quelle in uso alle forze di polizia per entrare negli istituti di credito. In banca, sotto la minaccia di un coltello, sequestravano le persone presenti e attendevano l’apertura temporizzata della cassaforte. Le rapine realizzate hanno fruttato oltre 300mila euro.
Il gruppo di lavoro è composto da persone residenti in provincia di Napoli. A Torino, i “pendolari del crimine” usufruivano dell’appoggio logistico di parenti e conoscenti del luogo. Da Napoli a Torino, in treno o in aereo, viaggiavano sempre separati per evitare di essere collegati l’uno con l’altro.