I carabinieri del comando di Tutela patrimonio culturale hanno eseguito 12 misure di custodia cautelare e 35 perquisizioni nell’ambito di un’indagine per traffico di reperti archeologici sottratti principalmente dal parco archeologico di Capo Colonna. L’area interessata dalle indagini copriva le province di Crotone, Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza, Catania e Reggio Emilia. I soggetti coinvolti sono ricettatori e membri di un’organizzazione criminale che gestiva tutte le fasi del traffico di beni culturali.
Il professore – A guidare l’impresa criminale era il settantenne di Crotone Pasquale Attianese, docente di lettere classiche, personalità molto nota nella città calabrese. Per lui è stata disposta un’ordinanza di custodia cautelare. Attianese era spesso interpellato come relatore in occasione di convegni e corsi di archeologia, competente numismatico e autore di alcuni volumi sulla monetazione magnogreca. Anche le autorità giudiziarie hanno utilizzato le sue competenze in qualità di perito. L’operazione “Tempio di Hera” ha permesso di smantellare la collaborazione tra l’accademico e l’organizzazione criminale.
Il sito più depredato – L’obiettivo prediletto dei “tombaroli” era il sito archeologico di Capo Colonna, a Crotone. Il sito, situato in splendida posizione panoramica sul Mar Ionio, è costituito dal santuario di Hera Lacinia di Capo Colonna, dipendente dall’antica e potente città greca di Crotone. Si tratta del più importante insediamento della Magna Grecia dall’età arcaica fino al IV secolo a.C.. Gli scavi hanno riscoperto una parte delle decorazioni architettoniche originali, in marmo greco e databili a una fase di costruzione del V secolo a.C., che oggi si trovano a Crotone. Da qui si capisce l’importanza del sito e il valore dei beni gestiti dall’organizzazione. Grazie alle sue competenze, Attianese avrebbe indirizzato i tombaroli verso le aree non ancora intercettate dall’archeologia ufficiale, per saccheggiarle.
Sulle tracce dei tombaroli – Le fasi dell’attività del sodalizio, dallo scavo clandestino alla vendita dei reperti ai collezionisti, sono state documentate dai Carabinieri con intercettazioni telefoniche e ambientali, riprese video, pedinamenti, fino a giungere agli arresti in flagranza di reato e al sequestro di reperti. Grazie ai reperti dissotterrati nella zona, l’organizzazione era in grado di generare un giro d’affari di alcuni milioni di euro.
L’archeologo e il ricettatore – A capo degli addetti agli scavi ci sarebbe stato Vincenzo Godano, 29enne di Isola Capo Rizzuto, soprannominato “l’archeologo”, che addestrava i suoi uomini all’uso di sofisticati metal detector. Anche per lui è stata disposta un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il ricettatore principale a cui la banda si rivolgeva era Ernesto Palopoli, 81enne di Torretta di Crucoli. Secondo gli inquirenti negli anni Palopoli ha accumulato circa 2.000 reperti archeologici, esposti nel suo museo privato.
Gli altri indagati – I carabinieri di Crotone hanno predisposto gli arresti domiciliari per Carmine Francesco Verterame, 60enne di Isola Capo Rizzuto, Francesco Salvatore Filoramo e Francesco Arena, 37 anni, di Crotone. È stato predisposto l’obbligo di presentazione all’autorità giudiziaria per Pasquale Antonio Fabiano, 45 anni, di Crotone; Giovanni Luigi Lettieri, 62 anni, di Crotone; Raffaele Malena, 70 anni, di Ciro’ Marina; Ernesto Palopoli, 81 anni, nativo di Rossano ma residente a Torretta di Crucoli; Salvatore Rocca, 33 anni, di Cariati.