Mondragone – Tre ordinanze di custodia cautelare, emesse dalla procura antimafia di Napoli, sono state eseguite dai carabinieri della compagnia di Mondragone, nei confronti di Antonio Miraglia, 39 anni, ritenuto affiliato alla camorra mondragonese, il fratello Angelo Miraglia, 41 anni, caporal maggiore dell’Esercito italiano, e la moglie Rita Caramanica, 34 anni, nativa di Formia.
Antonio Miraglia è accusato di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo camorristico, illecita concorrenza con minaccia e violenza, detenzione di armi e ricettazione; delitti, questi ultimi, aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare un’associazione camorristica. La moglie e il fratello dell’indagato devono invece rispondere dei reati di detenzione illegale di armi da sparo e di ricettazione, per aver ricevuto dal clan camorristi lo ‘stipendio’ destinato al loro congiunto.
Le indagini, consistite principalmente in intercettazioni telefoniche ed ambientali e supportate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno consentito di accertare che Antonio Miraglia, principale indagato, anche nel periodo in cui era sottoposto agli arresti domiciliari a Gaeta, partecipava attivamente all’organizzazione camorristica operante sul territorio di Mondragone, originariamente capeggiata da Augusto La Torre e successivamente diretta da Angelo Gagliardi, dai fratelli Fragnoli ed in seguito da altri soggetti che si sono alternati nel corso degli anni ai vertici del clan.
Dagli accertamenti svolti è emerso che Antonio Miraglia, mentre si trovava in detenzione domiciliare, ha continuato ad intrattenere rapporti con i vertici e gli affiliati dell’associazione camorristica, anche per il tramite della moglie del fratello, i quali consegnavano messaggi (i cosiddetti ‘pizzini’) provenienti da altri sodali. Proprio dalle lettura di tali ‘pizzini’ è stato possibile ricostruire gli assetti della criminalità mondragonese negli anni 2012-2013 e la fratture tra opposte fazioni del clan per acquisirne la reggenza.
Miraglia, anche tramite la moglie e il fratello, custodiva diverse armi da sparo e riceveva dal clan mondragonese uno ‘stipendio’, quantificato in base all’attività svolta nel corso degli anni all’interno dell’organizzazione, consistita nella realizzazione di azioni intimidatorie e nella gestione delle piazze di spaccio.
Proprio l’importo di questo era all’origine di alcuni contrasti con i vertici dell’organizzazione, in quanto l’indagato si riteneva meritevole di un aumento rivendicando l’importanza del contributo prestato all’attività illecita dell’organizzazione ed in particolare le azioni violente ed intimidatorie realizzate sul territorio mondragonese.