Ha scritto una lettera in cui ha spiegato nei minimi dettagli le motivazioni del folle gesto che stava per compiere, un 30enne di Udine che si è tolto la vita.
Stanco di continui rifiuti, stanco di non riuscire ad autorealizzarsi soprattutto in ambito professionale, Michele ha deciso di farla finita. Il giovane, dopo aver scritto la lettera, lo scorso 31 gennaio, si è recato a casa della nonna, ha preso una corda e si è impiccato.
“Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili. Troppi no. Di no come risposta non si vive, di no si muore – scriveva Michele – Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi la felicità. Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità”.
E ancora: “Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere. Ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, stufo di fare buon viso a pessima sorte e di essere messo da parte”.
“Da questa realtà non si può pretendere niente – ha scritto nelle ultime pagine – Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti. Un disastro a cui non voglio assistere”.
“Non siamo riusciti neppure noi a cogliere la profondità del disagio”, ha dichiarato il padre del giovane che ha deciso insieme alla moglie di pubblicare la lettera di Michele. “Questo è un allarme rosso, un grave fenomeno sociale, che lui ha voluto denunciare”, ha concluso.